sabato 30 novembre 2019

GRECHI A PALAZZO RUSPOLI /1913

A olio, a tempera, ad acquarello e anche a china, le femmine di Carlo Grechi sono sempre uniche, affascinanti e meravigliose. 
Vivono nel chiaroscuro in una dimensione propria, fra ricordi e futuro, ma anche nelle “Memorie di un lungomare remoto", dove ritrovano la propria essenza, la propria fragilità.
Sono tristi, pensierose, sognanti, silenziose, dolci, severe, ma piene di speranza.

Anche quando indossano un asciugamano dopo il bagno a mare, o imitano, correndo a braccia alzate, il volo dei gabbiani. O quando ai loro piedi, nella fitta vegetazione che sovrasta quasi il mare - sottile linea di confine, fra sogno e realtà - scorgono una palla colorata, un pinocchio, una bicicletta, un tamburello: oggetti semplici della quotidianità, segreti e simboli di una storia personale, di un modo di essere e di amare, oltre le mode, i costumi, gli obblighi sociali.
Tutto ciò, esaltato dallo sguardo, dalla postura e da un lirico linguaggio non verbale, che comunica mistero e suggestione, che si trasforma in incanto senza tempo.

Sono fanciulle eteree che appartengono all’intimità dell’autore, che non si lasciano raggiungere e toccare, ma che non possono non essere amate.
Che non possono essere dimenticate.
 (Alfredo Laurano)






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