mercoledì 18 dicembre 2019

CHE BUONISTE LE SARDINE IN SAOR /1928

Meglio autentico che falso, meglio vero che verosimile, meglio naturale che artificiale, meglio originale che contraffatto, meglio genuino che fittizio, meglio profondo che superficiale, meglio reale che immaginario. 
E’ una questione di scelte e di confronti. 
Così è se vi pare, o si è come si vuole, o anche come si appare. 
Basta riconoscere la realtà e farlo con onestà. 
Ma perché continuare ad attribuire a chiunque l'inflazionata patente di buonista, e non di buono, a prescindere dalle occasioni e dal contesto, soprattutto a chi osa manifestare un minimo sentimento umano o a non vedere le cose attraverso la lente del cinismo che, oggi, quasi obbligatoriamente, deve uniformarci? 
La vita, i fatti, le esperienze si possono scrutare e interpretare con più o meno tolleranza, con più o meno comprensione o accanimento. 
Il BUONISMO non è una categoria morale o antropologica e nemmeno un'ideologia, è solo un'invenzione giornalistica che è diventata offesa. “Ostentazione di buoni sentimenti, di tolleranza e di benevolenza”, secondo il vocabolario, che ripudia i toni aspri del linguaggio politico". 
Il suo contrario è il Cattivismo, ma non ha consensi per eccesso di ridicolo. 
Ma, sarà per il rapido successo mediatico che ha avuto, il termine "buonismo" ha progressivamente assunto un significato diverso, sempre meno "buonista". 
Nel linguaggio del centrodestra si è trasformato in sinonimo di rammollito, fiacco, pappamolla, con connotazioni non soltanto ironiche, ma spregiative, riferite a idee e atteggiamenti di sinistra (inizialmente melensi e veltroniani), ritenuti da destra vaghi e ipocriti, soprattutto in relazione ai fenomeni migratori. 
Insomma, la parola “buonista” è diventata subito un insulto: definisce infatti non chi pratica la bontà, ma chi la proclama, chi ne fa un’esibizione sistematica a proprio vantaggio. 
E, inevitabilmente, buonista è ritenuta anche una piazza popolare, e non populista, come quella del mar colorato e pacifico delle Sardine. Una piazza enorme a S. Giovanni (Roma), dopo Bologna, Modena, Milano, Genoa, Ferrara, Bari, Napoli, Verona, con il cuore a sinistra e contro i fascio-leghisti e cattivisti. Un’ennesima piazza di rompicoglioni che per dispetto cantano Bella Ciao e producono anticorpi della democrazia. 
A prescindere dall’analisi e dal giudizio sul fenomeno, da rimandare ad altra sede e ad altri tempi, è una mescolanza politica, culturale, sociale che, oggi, si fa sardina perché non sa più che altri pesci pigliare (tonni, squali, piovre, anguille o calamari), avendo maturato un disincanto profondo verso tutti i mari (partiti o movimenti), grandi, medi, minuscoli o insignificanti. 

Nascono dal basso e da un mare piccolino questi pesciolini azzurri, che molti vorrebbero mettere in scatola o fare a beccafico con l’alloro, grazie a quattro amici bolognesi al bar, “che volevano cambiare il mondo”, che amano non solo la cucina siciliana, e che le hanno condotte in acque assai più grandi per dare una salutare scossa al Paese. Per esprimere un desiderio contagioso di liberazione contro l’asfissiante propaganda di una destra carica di odio, di menzogne e discriminazione. 
Comunque, grazie all’uso “ideologico” di certe espressioni giornalistiche e al conseguente slittamento semantico, oggi, nel linguaggio della gente esasperata, reazionaria o divenuta tale per paura e sfiducia, il cosiddetto buonista, anche sotto forma di vivacissima sardina, condensa una miriade di idee e comportamenti non conservatori e non violenti: è buonista chi vuol veder rispettati i diritti di ciascuno e delle donne; chi non ributterebbe a mare quelli che cercano di emigrare in Italia; chi non li ammazzerebbe tutti indiscriminatamente o non li ricaccerebbe a morir di fame al loro Paese; chi ritiene che la società abbia dei doveri verso i cittadini svantaggiati; chi ama e protegge gli animali; chi vorrebbe salvare il nostro ambiente dalla devastazione e dall’inquinamento; chi ha compassione per le persone in difficoltà e pensa che debbano essere aiutate, non giudicate. 
Ma, nei fatti, il disprezzo del buonismo maschera le solite idee e le eterne idiosincrasie della vecchia destra autoritaria, sostenute anche da alcuni patetici intellettuali, buffoni di corte e di quel potere sovranista, in cerca di fama e di consenso, tra le quinte del gossip e del trash circense televisivo. 
Grazie soprattutto a loro, influencer parolai senza vergogna, resta, quindi, l’uso reiterato – quasi un mantra – generico e ingiustificato, di termini che creano per forza una categoria uniforme e omogenea di pensiero: le sardine da fare subito in “Saor”. 
Un pensiero deviato, strumentale, odioso e inaccettabile. 
17 Dicembre 2019 (Alfredo Laurano)

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