sabato 14 dicembre 2019

BOMBA O NON BOMBA /1925


Dodici dicembre, un giorno, una data che, anche mezzo secolo dopo, significa Piazza Fontana, stragismo, l'omicidio Pinelli, le bombe, le trame neofasciste, Valpreda e le presunte, ma false, colpe degli anarchici. 
Cinquanta anni fa, l’Italia tutta restò attonita e sconvolta, incapace di capire i prodromi della mala pianta del terrorismo e dell’eversione. 

Quella della Banca dell’Agricoltura a Milano fu la prima delle tanti stragi di stato impunite, o mai arrivate a condanne definitive, che per anni hanno alimentato la Strategia della Tensione, ossia il condizionamento della vita sociale del paese. Una spietata tecnica volta a creare in Italia uno stato di preoccupazione, di incertezza e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo repressivo. 

L'Italicus, la stazione di Bologna, piazzale della Loggia a Brescia, le bombe in Calabria, a Roma e tanti altri attentati dovevano in qualche modo contribuire a riequilibrare i poteri dello stato e il principio autoritario, messi in crisi proprio dalle tematiche del '68 che, per la prima volta, contestavano lo status quo, il potere costituito, le gerarchie, le speculazioni e i privilegi, sul piano culturale, sociale e del lavoro. Si voleva e si predicava il rinnovamento, un'aria nuova, pulita e libera, una partecipazione più attiva e democratica, una consapevolezza dei propri diritti, una più diffusa presa di coscienza. 
Ma quelle idee pericolose e rivoluzionarie, proprie di quel fenomeno socio-culturale che fu, appunto, il ’68, dovevano essere represse o cancellate, in qualsiasi modo, anche attraverso spaventosi attentati. 
17 morti, 88 feriti, un eccidio che segnò l’inizio di quella stagione delle bombe, di quella strategia, di quella terribile catena di sangue e di terrore, che a lungo condizionò e mise in gioco la stessa vita democratica e del Paese, provocando altro dolore, lacrime e tante vittime innocenti. 
La paura di un intero popolo, esterrefatto da tanta inaudita violenza, si trasformò in una grave e reale minaccia eversiva per la democrazia. 
Ancora oggi, dopo anni di indagini e processi, nulla o quasi sappiamo, con certezza, di quella assurda sequenza di eccidi, fondata sul terrore e sulle manovre oscure di fascisti e di pezzi deviati delle istituzioni e dei servizi, che lavoravano in modo occulto e violento contro lo Stato: un fronte parallelo che rispondeva, nell’ombra e nel segreto, alle lotte sociali e operaie del tempo. E allora bombe. 
Con depistaggi, menzogne e coperture per opera dei Servizi (Sid, Sismi, Sisde) e forse dalla CIA (lo pensava anche Clinton), gli apparati dello Stato cercarono di limitare e impedire quella deriva "ECCESSIVAMENTE" democratica, fino ad arrivare alle collusioni, alle stragi di mafia e agli attentati a Falcone e Borsellino, uomini delle istituzioni abbandonati a se stessi e non protetti. 
Tutto questo è ancora, vergognosamente, coperto da misteri e da bugie.

Come poco o niente sanno le nuove generazioni, nostri figli e nipoti, di quella triste storia, che non si studia a scuola o nelle università. Ignorano i fatti, le vicende di Calabresi, di Valpreda e dell’anarchico Pinelli, “suicidato” dallo Stato. 
Le loro risposte sono imbarazzanti, confuse e disinteressate e affastellano, nello stesso calderone, mafia, brigate rosse, anarchici e criminalità comune. La loro informazione sui fatti è del tutto inesistente o diversamente approssimativa: per “sentito dire”. 
Ignorare e dimenticare quel tragico pezzo di vita sociale e politica, che a lungo ci ha sconvolto, espone alla possibilità di essere ancora vittime di certe logiche politiche e di potere e dei continui e incessanti rigurgiti di fascismo. 
Le cronache quotidiane ce lo dimostrano. 
12 dicembre 2019 (Alfredo Laurano)



Nessun commento:

Posta un commento