lunedì 27 novembre 2017

IO SONO MIA, VOI SIETE VOSTRE

Dopo lo stupro di Rimini, dopo quello dei carabinieri di Firenze, quello della medica violentata in un ambulatorio siciliano da un paziente, dopo la bambina di undici anni, abusata ripetutamente e messa incinta dall’amico di famiglia, dopo la donna sgozzata al parco di Milano alle sette di mattina, mentre conduceva il cane, dopo le troppe donne sfregiate dall’acido o pugnalate o arse vive o violentate in un cortile romano, dopo la tedesca di 57 anni, trovata nuda e legata ad un palo a Villa Borghese o la turista belga ventenne che ha denunciato un tentativo di stupro, perfino sulla scalinata della Basilica di Santa Maria in Aracoeli, stiamo ancora a chiederci che razza di Paese siamo, che specie di società malata è questa, in che mondo assurdo viviamo, come già dicevano, incredibilmente, i nostri genitori e i nostri avi.

Secondo l’Istat, ogni due, tre giorni, in Italia, si uccide una donna, viene commesso un femminicidio. Abusi e violenze sono ormai fuori concorso.
Stupratori, stalker, maschi deviati, sfruttatori brutali e prepotenti, assassini - quasi sempre ex mariti, ex fidanzati, parenti, amici o conoscenti - continuano ad esercitare la propria volontà bestiale sulle donne, a dispetto di celebrazioni di giornate internazionali contro la violenza, come quella di ieri.
Riti consueti e obbligatori per ricordare o sottolineare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’oppressione costante e insopprimibile su giovani, mature, anziane, bambine o madri di famiglia.
Per la prima volta, la Camera è stata aperta alle sole donne. Sugli scranni e nelle sale del palazzo ce ne sono 1.300: vittime di stupro, violenza domestica e stalking. Ma anche madri di ragazze che non ci sono più. Tante storie e testimonianze di botte e umiliazioni, risuonano dell’aula, per dire no e denunciare, perché il silenzio divide, isola, uccide.

Ma tutto questo inverso caleidoscopio che riflette il mondo femminile in immagini oscure e lugubri, ormai scontate e ricorrenti, mutevoli, confusamente asimmetriche e variabili nella forma, ma non nella sostanza, è prima di tutto un problema di uomini, di maschi repressi, di femmine concepite come prede. Ma, soprattutto, di ignoranza, di possesso, di potere, di dominio e di controllo. Un problema di inciviltà, di ineducazione, di malsano senso del confronto e del rispetto, di ginofobia latente e conflittuale.
Oltre la retorica, occorre superare gli stereotipi di genere che ancora abbondano nella nostra società e nei media, fare un salto in avanti, uscire da una cultura che ha ridotto per millenni una donna a una proprietà, a un oggetto di piacere e di trastullo, per bestie proclamatesi padroni.
26 novembre 2017 (Alfredo Laurano)


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