venerdì 24 novembre 2017

ACCOMODAMENTI ALLA ROMANA

SOTTO ER CIELO DE ROMA è una commedia leggera, brillante e divertente, come quelle di una volta. Come quelle che, a ragione e a pieno titolo, si inseriscono nella felice tradizione del teatro in romanesco che va da Ettore Petrolini a Fiorenzo Fiorentini, da Aldo Fabrizi a Checco Durante e Alfiero Alfieri.
La messa in scena - luci, arredi, ambiente, oggettistica e costumi - è particolarmente gradevole nella sua essenzialità e tutti gli attori, ancorché amatoriali - e su questo ci sarebbe da discutere - esprimono talento e professionalità, senza tradire l’emozione, pur forte e presente, della prima (ieri, 23 novembre 2017). Tutti, al massimo delle loro possibilità, assecondano una regia misurata ed efficace.

A Roma, nel 1927, Cecco e Nannì Vencioni, una coppia di “borgatari” che si arrangia per sopravvivere, abita una modesta casa di periferia, tra mille difficoltà economiche. 
La casalinga Nannì (Lucilla Muciaccia, vivace, disinvolta, brillante e assai spontanea), riceve la visita di sora Ghituccia (Serena Zamboni, perfetta ed espressiva nella parte e nelle movenze), la pettegola di quartiere, che le riferisce di “aver sentito dire” di alcune avventure amorose di “uno che se la farebbe con una bella signora ricca”
L’arrivo improvviso dell’emancipato ufficiale giudiziario Gustavo Pecoretti (uno straordinario, disinibito e adeguatamente ambiguo Andrea Scaramuzza), incaricato di riscuotere i debiti che la coppia Vencioni ha maturato nei confronti dello Stato, complica le chiacchiere e le cose, ingarbuglia la vicenda e dà luogo a una serie di momenti paradossali ed esilaranti.
L’ingresso del pigro Cecco, un fannullone che pensa solo a giocare a carte e a bere in osteria con gli amici, (Mauro Mammarella, sfacciatamente bravo, sciolto, sfrontato e scanzonato, che, più che recitare una parte, sembra vivere se stesso), salva o rimanda, almeno al momento, l’incresciosa situazione.
In realtà, nessuno sospetta che le accuse di Ghituccia sono vere e che la povera Nannì, per pagare l’affitto, è costretta a concedersi all’allupatissimo padrone di casa, il commendatore (Vito Garofalo, l’elegante beautiful de Noantri), che non perde occasione per approfittarsi di lei e per venerare il suo lato B.
Siamo nella piena attualità, del tutto in linea con la cronaca che dibatte di molestie e ricatti sessuali, con mediatico fervore.
Come nessuno sospetta che l’integerrimo Pecoretti…Pecorini...Pecorecci, ma anche generale, colonnello, ufficiale e gentiluomo… (storpiature esilaranti alla maniera di Totò) aneli ad “altre grazie” e “accomodamenti” da parte del debosciato Cecco che, nel frattempo - si scopre, con sorpresa - gratifica e apprezza le grazie della bella moglie del commenda, una sorprendente Ornella Petrucci, negli inconsueti panni di una ricca maliarda, spregiudicata ammaliatrice quanto basta.
Un sobrio Guido Padrono, nei panni di un moderno Sor Capanna, cantastorie e stornellatore popolare della Roma umbertina, introduce e chiude questo brioso romanzo popolare, senza tempo, improvvisando strofe e melodia di “Chi ce l’ha fatto fa”.

Con molto equilibrio, calibrata comicità e misurata enfasi, gli attori interpretano alla grande i propri ruoli, confezionati su misura e calati sulla pelle da un abilissimo stilista (Gianni Quinto) e, attraverso un incalzante susseguirsi di gag, battute, tormentoni reiterati e siparietti, danno vita a personaggi ben delineati, capaci di rappresentare icasticamente il quotidiano vivere, fatto di intrighi, sogni, debolezze e necessità di gente qualunque, che vive alla giornata. Anche il linguaggio è aderente, semplice, musicale e mai volgare, anche quando si fa complice e allusivo.

Ognuno indossa, con estrema disinvoltura, una specie di maschera pirandelliana, colorata però di pungente e irriverente ironia, come quella che molti sono costretti a usare per sopravvivere alla disperazione o per difesa esistenziale dalle forme di discriminazione e indifferenza, che spesso la società impone.

Tra pettegolezzi di comari e confusi intrecci d’amore e pane quotidiano, emergono prepotentemente tante sfumature dell’animo umano, che, grazie all’ energia espressiva di tutti i protagonisti, catturano l’attenzione del pubblico che esplode in applausi e sonore, spontanee risate.  
Perché l'umorismo è la capacità intelligente e sottile di saper cogliere e rappresentare l'aspetto comico della realtà.
Perché far ridere è una cosa estremamente seria.
24 novembre 2017 (Alfredo Laurano)


In scena al Teatro Petrolini, via Rubattino, 5 Roma (Testaccio) dal 23 al 26 novembre e dal 30 novembre al 3 dicembre 2017





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