venerdì 28 agosto 2020

FRAGOLE ESANGUE /2109

Ma non è un film manifesto della contestazione giovanile americana. È una delle tante storie squallide di ordinario sfruttamento dell’uomo sull’uomo, al sapore acre e vomitevole di razzismo.

Con le loro apecar, vendono fragole e mirtilli a km. zero per tutta Milano. Ma quei frutti, secondo le indagini condotte dalla Guardia di finanza, sono stati raccolti col sudore di giovani stranieri minacciati e pagati 4 euro all’ora.

Per questo la Straberry di Cassina de' Pecchi, azienda innovativa, fondata da un 31enne bocconiano di nobili origini, Guglielmo Stagno d’Alcontres, vincitrice dell’Oscar Green di Coldiretti nel 2013 e 2014, e che si presenta come “la più grande realtà che in Lombardia coltiva frutti di bosco, nel parco agricolo sud, a 15 chilometri dal Duomo di Milano” è stata sottoposta a sequestro d’urgenza dagli investigatori e affidata a un amministratore giudiziario.

I cento braccianti reclutati sfruttando lo stato di assoluta necessità e grazie al passaparola nei centri d’accoglienza dell’hinterland milanese e brianzolo, sarebbero stati costretti a lavorare ammassati e a ritmi incessanti senza guanti, mascherine, gel igienizzanti e in difficilissime condizioni sanitarie anche in questi mesi di emergenza covid.

Dagli accertamenti è venuto fuori che l'azienda un’impresa giovane e innovativa che rappresenta la più grande realtà in Lombardia che coltiva i frutti di bosco” (così dice il sito), era solita assoldare dipendenti per un paio di giorni di prova senza pagarli. Ogni volta il nuovo bracciante veniva in ogni caso registrato, in modo da comparire sempre in regola in caso di controlli, salvo poi essere cancellato al termine della prova. E in questo modo nessuno dei lavoratori, una volta allontanato dall'azienda, avrebbe potuto fare causa, perché la prestazione oltre a non essere retribuita non sarebbe stata neppure dimostrabile.

Un metodo scientifico, quanto abietto di speculare sullo stato di bisogno di tanti poveri cristi, senza tutele, senza garanzie, senza futuro.

Oltre a questi braccianti di passaggio, un centinaio erano quelli regolarmente assunti ma con una paga da fame – 4 euro l’ora - costretti a lavorare anche dalle 8 alle 19, tante volte senza pausa pranzo e a ritmi incessanti. Senza spogliatoi, box doccia, con una cannuccia per tutti per rinfrescarsi e bere dell’acqua. E chi provava a lamentarsi rischiava di essere cacciato o almeno allontanato un paio di giorni dall'azienda. "Stamattina appena ho visto uno che parlava dopo un secondo l'ho mandato a casa, non é che gli ho dato la seconda possibilità. Ed appena vedo uno con il cellulare io lo mando a casa! È il terrore di rispettare le regole! Questo deve essere l’atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante”. Queste le illuminanti parole del nobile Guglielmo, titolare aguzzino.

 E pensare che il vanto della startup, finita sotto inchiesta per caporalato, era il metodo di lavoro ecosostenibile e orientato alle più innovative tecniche green. Dei 200.000 mq di area produttiva, infatti, 25.000 sono composti da serre alimentate con energia solare tramite pannelli fotovoltaici.

Che grande sensibilità per l’ambiente! Un po’ meno per lo sfruttamento a km. Zero.

28 agosto 2020 (Alfredo Laurano)

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