martedì 11 agosto 2020

ANCHE PETER PAN INVECCHIA /2089

La vecchiaia esiste? Si domanda un amico che, a 76 anni, si sente incredibilmente giovane (dice).
Mi sembra superfluo quel punto interrogativo, la vecchiaia esiste e fa paura. Anche se pochi sanno di essere vecchi. 
È uno stato dell’esistenza, come la nascita, la crescita, la giovinezza, la maturità, la morte. Della vecchiaia, fa paura la malattia, l’idea di perdere progressivamente le forze, la memoria e l’autonomia. 
Fa paura la possibile, se non probabile, dipendenza da qualcuno (figli, nipoti, badanti, assistenti sociali), la rinuncia forzata ai piaceri, alle scelte, ai sentimenti, alle funzioni intellettive. 
Fa paura e crea ansia la prospettiva, il futuro prossimo, l’incertezza, il mistero della fine. 
Prima o poi, tutti ci interroghiamo con timore: che sarà di noi, cosa ci aspetta, come e dove finiremo? In una casa di riposo? Soli, emarginati, dimenticati? 
La solitudine terrorizza. Restare senza un antico affetto, una necessaria compagnia, una condivisione delle cose quotidiane è qualcosa che sconvolge. 

Anche se Cicerone e Bobbio, nei loro rispettivi “De senectute”, sostengono che la vecchiaia non è scissa dal resto della vita precedente, ma è la continuazione dell’adolescenza, della giovinezza e della maturità, la visione della vita, e l’atteggiamento verso di essa, cambia a seconda di come ognuno l’ha concepita quella propria vita: come una montagna impervia da scalare, o come una fiumana in cui sei immerso, o come una selva in cui ti aggiri incerto sulla via da seguire. 
Ma quand’è che si diventa anziani? Quand’è che si passa dallo sviluppo, dalla crescita all’invecchiamento? 
Non lo sappiamo, anche perché non c’è un interruttore, un momento preciso, una data, un segnale certo che ce lo riveli. È un processo lento e inconsapevole di graduale adattamento culturale e fisiologico, che elude la nostra vigilanza. 

Il mondo di tutti i vecchi, alla fine, è il mondo della memoria: tu sei quello che hai pensato, amato, compiuto. Sei il presente sommato ai tuoi ricordi, che sono la tua vera ricchezza: gli affetti che hai alimentato, i pensieri che hai pensato, le azioni che hai compiuto, la memoria che hai conservato e non hai lasciato cancellare e di cui tu sei rimasto il solo custode. 
E che temi di perdere, all’improvviso, nel momento più difficile. 
Non serve a nulla dichiarare banalmente al mondo di sentirsi giovani dentro - come si dice per prendersi gioco di se stessi e per sublimare l’idea della fine - perché si invecchia in tutti i sensi, pur senza abbandonare la forza del pensiero: la decadenza fisica e i problemi di salute ne sono la più ampia prova. Al di là della ridicola sindrome di Peter Pan, che affligge molti impenitenti illusi. 
Ogni tempo della vita ha bisogno di semplici emozioni che appaghino e gratifichino: dal caffè con gli amici, alla voglia di leggere e sapere, dallo scambio di idee e sentimenti, al piacere della buona musica, del gioco e del mangiare, dal rispetto di chiunque, al diritto di contare. 

Il mondo di tutti i vecchi è comunque il mondo della saggezza e dell’esperienza. Per i giovani e i bambini, rappresentano l’idea del passato e della Storia, ma anche della forza e del buon senso. 
Sono simboli e metafore, spesso lontani ed evanescenti, sono testimoni di vita anche se, a volte, rompono le palle e ripetono sempre le stesse cose, fino alla noia. 
Quello che cambia e che ci cambia nel tempo è appunto la visione della vita, la percezione degli altri e del mondo esterno, la valutazione dei fatti, le riflessioni ed i pensieri che nascono improvvisi, le prospettive, i programmi, le speranze, i sentimenti e l’inevitabile mole dei ricordi che cresce con l’età. 
Cambiano anche i nostri occhi, il nostro sguardo si addolcisce e quasi si consuma, anche se non ce ne rendiamo conto. Si fanno “acquosi”, stanchi e lenti e raccontano una vita di fatiche e sacrifici, di momenti di felicità e gioia, un’infanzia difficile o serena e una giovinezza ancora ben impresse nella nostra anima sociale. 
Ricordo gli occhi mio padre che, in vecchiaia, si riempivano ogni giorno di bontà e commozione.  
2 agosto 2020 (Alfredo Laurano) 

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