Una vendetta politica piuttosto che un atto di giustizia.
Ahmet Altan è stato ricondotto in carcere, dove aveva già scontato
1138 giorni.
Ne era appena uscito una settimana prima.
Romanziere e saggista dissidente era stato incarcerato con
l'accusa di aver sostenuto e ispirato il fallito golpe del 2016 contro Erdogan,
anche con "messaggi subliminali".
Le prove a suo carico sarebbero sempre le stesse e, secondo
gli osservatori internazionali e le organizzazioni per la libertà di stampa firmatarie
di un appello, sarebbero del tutto inconsistenti. Ma, per il sistema
processuale turco, quelle prove sono bastate a imbastire due processi e a
giustificare il riarresto di Ahmet Altan, che era stato inizialmente imprigionato
il 10 settembre 2016, sulla base di alcune dichiarazioni rilasciate durante
un'intervista televisiva.
Un primo processo, una condanna all'ergastolo poi
cancellata, un altro processo con imputazioni diverse, ma sulla base delle
stesse prove, oltre tre anni di carcerazione preventiva, un'altra condanna
stavolta a dieci anni e mezzo di carcere, il rilascio su cauzione e infine, il
12 novembre scorso, dopo appena una settimana, di nuovo l'arresto “per timore
di fuga”.
Una vera tortura psicologica. Quella che le organizzazioni
internazionali definiscono “una persecuzione giudiziaria” colpisce uno dei
personaggi di spicco della cultura turca, conosciuto a livello internazionale.
Al momento della provvisoria scarcerazione - considerata la
pena già scontata e in attesa della sentenza definitiva della Cassazione - ad
accoglierlo, fuori dalle mura carcerarie, si era scatenato l’entusiasmo di
amici e parenti, fra tanti abbracci che significavano libertà. Una scena
commovente che aveva fatto il giro del mondo e puntato l'attenzione dei media
internazionali sulla repressione in atto in Turchia dal 2015, nei confronti di
scrittori e giornalisti e che, qualche mese fa, ha portato all'annuncio della
distruzione di migliaia di libri, dopo le decine di migliaia di arresti e di
epurazioni dalle pubbliche amministrazioni.
La libertà vigilata di Altan è quindi durata appena pochissimi
giorni, il tempo di consentire a Trump di ricevere alla Casa Bianca il
massacratore di curdi Erdogan, di cui ha dichiarato essere “un grande fan”,
mentre un editoriale del New York Times affermava che Erdogan è semplicemente un
“tiranno”. (Alfredo Laurano)
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