mercoledì 27 novembre 2019

L'ARTE DELL'ODIO

È molto facile, oggi, far passare per arte qualsiasi invenzione della mente. Anche una presunta opera, una rappresentazione grottesca e ingiustificata di un fatto o di un’azione che va oltre i confini di una realtà, impropriamente alterata, un’immagine maligna che veicola un messaggio sbagliato in tutti i sensi, che alimenta l’odio e istiga alla violenza.
Come la scultura di Matteo Salvini, armato di pistola, che spara a due africani in versione zombie, opera di Salvatore Scuotto, esposta a Napoli nella mostra collettiva 'Virginem-Partena' nella galleria Nabi Interior Design.
Criticare, censurare, condannare una scelta dura, un modo di fare politica, di pensare e di agire nei confronti di un problema difficile e articolato come quello dei migranti, non può trasformarsi in una parodia cruenta di una pur sacrosanta opposizione di principio a quelle teorie. Né, tanto meno, quando si ricorre a un mantello artistico che dovrebbe legittimarla e giustificarla. Soprattutto quando quell’etichetta diventa plastica rappresentazione di un espediente volgare, pensato solo per finalità commerciali e autopromozionali.
L'ex ministro replica con decisione: "Cosa non si fa, per farsi un po’ di pubblicità, che squallore! La "scultura" che mi raffigura mentre sparo agli immigrati è una vera schifezza, altro che arte. Non fa ridere. È istigazione all'odio e alla violenza. È qualcosa di demenziale e criminale e poi trovi qualcuno che pensa davvero che Salvini sia così”.
L’autore si giustifica così: “ho voluto rappresentarlo come un bambinone che gioca ad un videogame popolato da fantasmi, come si vede dai dettagli della pistola che è intenzionalmente sproporzionata. Dico che il suo messaggio politico è infantile, come una costante Playstation in cui bisogna individuare il nemico e abbatterlo".
Comunque la si pensi, nella città dei presepi, dei manufatti in terracotta famosi in tutto il mondo, questo piccolo "monumento all'odio", appare proprio stonato e fuori posto e offende quel sentimento di tolleranza, che la tradizione ancora interpreta. (Alfredo Laurano)

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