L’acqua alta che ha sommerso
Venezia nella notte del 12 novembre – la seconda più alta di sempre, dopo la
cosiddetta acqua granda del 1966 – è un sintomo emblematico di quanto la crisi
climatica stia incidendo sulla fisionomia dell’Italia.
Provocata
da un vortice di venti che ha assunto una velocità eccezionale e ha sospinto
grandi masse d’acqua verso la laguna, la marea ha raggiunto i 187 centimetri e
ha sommerso l’85 per cento della città.
Ma
Venezia è uno specchio di quello che sta succedendo in tutto il Paese: non
passa giorno senza che un territorio si trovi colpito da un evento
meteorologico straordinario, sia esso un vento di velocità inconsueta, una
grandinata fortissima o una pioggia che fa esondare fiumi e torrenti.
Negli
stessi momenti in cui Venezia finiva sotto l’acqua, il centro di Matera veniva
sommerso da un fiume di fango provocato da un temporale di intensità inaudita,
e una tromba d’aria si abbatteva sulle coste di Porto Cesareo, in Puglia,
facendo letteralmente volare le barche ormeggiate al molo. A Catania e nel
Salento, molte strade sono diventate fiumi, molti torrenti sono esondati
Un
ripetersi di eventi estremi che stanno flagellando il Paese, distruggendo
territori, fiaccando comunità intere. È passato poco più di un anno da quando
la tempesta Vaia ha cancellato una parte rilevante dei boschi nel nordest
dell’Italia. Venti con una velocità superiore ai 200 chilometri orari hanno
divelto in poche ore milioni di alberi.
In
Italia, come afferma una prestigiosa rivista, l’evento straordinario sta ormai
diventando ordinario.
Secondo
un database, che registra tutti gli eventi estremi – tornado, piogge
torrenziali, grandinate eccezionali, tempeste di neve, valanghe –, dall’inizio
del 2019 si sono verificati 1.543 eventi di questo tipo in Italia. Circa cinque
al giorno.
Un
dato preoccupante, che assume una valenza ancora più inquietante se lo si
confronta con quello di paesi come la Spagna, che nello stesso periodo ne ha
avuti 248, o il Regno Unito, che ne ha avuti 190. Questo vuol dire che nel
nostro Paese il fenomeno cresce velocemente.
Per
la sua particolare posizione geografica, in mezzo al mar Mediterraneo, l’Italia
è da considerarsi uno hot spot climatico, un luogo cioè dove il cambiamento
climatico è più rapido. Gli esperti prevedono che da qui al 2100 ci sarà un
aumento del livello del mare di almeno un metro. Il che libera più energia nel
sistema atmosfera-mare e rende più probabile i fenomeni estremi.
Che
fare di fronte a questa serie di disastri?
La
nostra generazione è la prima a sperimentare il rapido aumento delle
temperature in tutto il mondo e probabilmente l'ultima che effettivamente possa
combattere l'imminente crisi climatica globale. Serve una rivoluzione
culturale, sociale, economica e politica. Un cambio di stili di vita, di
abitudini e di produzioni industriali.
Dobbiamo
smettere di pensare solo a noi stessi e ai nostri bisogni immediati.
Forse
per prima cosa sarebbe il caso di cambiare prospettiva e dotarci di strumenti e
azioni, i più efficaci possibili, per affrontare quella che presumibilmente non
sarà un’emergenza inaspettata, ma una nuova normalità in tutto il pianeta.
E,
soprattutto, smetterla di perculare la povera Greta.
21
novembre 2019 (Alfredo Laurano)
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