mercoledì 27 novembre 2019

EPPUR BISOGNA ANDAR /1910


Tra una lite e l’altra nel governo giallo-rosa, 19.000 mila teste votano nella piattaforma Rousseau di candidare propri esponenti nelle regionali di Emilia-Romagna e Calabria, nel prossimo gennaio. E lo fanno contro la scelta di Di Maio, che voleva rinunciare, e ben sapendo che i risultati avranno percentuali da prefisso telefonico.
Lo dicono i sondaggi, la logica e la precaria condizione del Movimento che non ha e non ha mai avuto un’anima, un’identità precisa, soprattutto negli ultimi tempi: autolesionismo, masochismo, voglia di soffrire e farsi del male, fino alla possibile, se non probabile estinzione.

La prima grande botta, come sostiene Paolo Flores d'Arcais, l’hanno presa quando hanno scelto l’accordo di governo con Matteo Salvini. Fino a quel momento, grazie al grido di “onestà” e nella sua ambiguità di essere “oltre”, il M5S si appiattiva su una forza coerente, appunto la Lega, con il suo essere “né carne, né pesce”.
Con una campagna elettorale scandita da quella invocazione, fattasi bandiera, incentrata sulla lotta alle diseguaglianze, alla corruzione, alle mafie, alla spartizione partitocratica di Rai e altri enti a nomina politica, otteneva quasi undici milioni di suffragi, il 32,68% alla Camera e il 32,22% al Senato.
Ma, contro ogni logica e ogni decenza, contro le attese dei suoi tanti delusi elettori di Sinistra, Di Maio si accordava con Salvini in un’alleanza obbligata e fatale, per spartirsi le poltrone nel governo Conte (1 giugno 2018), e, un mese dopo, un sondaggio Ipsos dava la Lega già sopra il M5S, che rapidamente sarebbe tracollato perdendo un elettore su due (17,2% alle europee del maggio 2019). Era ovvio, prevedibile e scontato.

Conclusa al Papeete l’esperienza abominevole, per volontà suicida di Salvini, Di Maio, per assoluta e sola necessità - evitare il voto che avrebbe incoronato lo stesso Salvini, Imperatore - ruota il timone dallo strapotere del capitano leghista al sorridente e pacioso Zingaretti, con il nuovo governo Conte due. Risultato delle elezioni in Umbria: il M5S al 7,4: mai più candidati comuni alle Regionali, in Emilia-Romagna e in Calabria andiamo da soli, anzi non ci andiamo per niente.
Ma, come già detto, Rousseau non è d’accordo.

La dissoluzione e l’estinzione del M5S è in corso e non può essere fermata. Perché le sue ragioni strutturali, pur quando il MoVimento mieteva i suoi primi successi, non avevano sostegno, né speranza: l’assurda pretesa di non essere né di Destra né di Sinistra, né di avere una riconoscibilità chiara ed immediata, non sono solo un vezzo ideologico, che quasi tutti ritengono superato e antico, ma sono prerogative sostanziali dei valori e degli interessi di riferimento, in uno schieramento-contrapposizione che, da una parte, difende privilegi e promuove illibertà (Salvini, Meloni, Berlusconi e l’ambiguo Renzi, in versione equidistante), dall’altra promuove eguaglianza, diritti e libertà.
Ogni politica fa pendere la bilancia su uno dei due versanti. Non esiste l’interesse e il bene generale che accontenta tutti: il mantello sociale serve a proteggere i privilegi indirizzando la rabbia popolare su capri espiatori - migranti, ebrei, diversi e non garantiti - anziché sulle vere radici di classe.

Solo se oggi riuscisse a convertirsi nell’unica forza socialista di giustizia e libertà, che manca nella geografia della politica organizzata, il M5S potrebbe avere un futuro, essendo tutti gli altri spazi compiutamente occupati e sovrapposti.
Ma sarà difficile, perché non si fa politica sana senza una tradizione e una continuità storica, senza una coscienza di classe e ambientalista, senza un impegno quotidiano e integrale nella società civile.
Non si fa sfruttando i riflessi di una cultura basata sui social, sulle polemiche e le ripicche, sugli slogan, sui like e sui pochissimi numeri della magica roulette di Rousseau.
Ma, magari, per smentirmi, lo farà Di Battista, El Che fatto in casa che amava il legno e il Guatemala. E, forse, anche i Beatles e i Rolling Stones.
 (Alfredo Laurano)

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