mercoledì 28 ottobre 2020

UN PAPA VITTIMA DELLA MODA

Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? 
Eravamo alla fine di luglio del 2013, Bergoglio era stato eletto papa da qualche mese appena, e già cominciava a mettere in crisi le certezze dei fedeli, a seminare dubbi, a turbare le coscienze con il suo caratteristico stile sudamericano, un misto di disinvoltura fuori luogo e di sfrontata provocazione, e non nel senso buono della parola. 
Francesco si è più volte espresso in tema di omosessualità con un atteggiamento di apertura e di accoglienza.
Una seconda volta intervenne su questo argomento sul volo di ritorno da un viaggio in Armenia nel 2016, rispondendo a una domanda se fosse d’accordo sulla necessità che la Chiesa chiedesse scusa alla comunità gay, per i suoi atteggiamenti e in quel caso spiegò: “L’ho detto nel mio primo viaggio e lo ripeto, anzi ripeto il Catechismo della Chiesa cattolica: i gay non vanno discriminati, devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. 
C’è ancora un altro caso da ricordare, avvenuto nel 2018 a seguito di un incontro con Juan Carlos Cruz, omosessuale cileno vittima di un prete pedofilo, al quale Papa Francesco si è rivolto con queste parole: “Juan Carlos, che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il Papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei”.
Dunque le parole che il Papa ha pronunciato nel documentario presentato in questi giorni al festival del Cinema di Roma non devono meravigliare, perché sono la conseguenza di un messaggio che Francesco, con grande coerenza, sta portando avanti dall’inizio del suo pontificato.
«Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo». 
La Chiesa deve dunque accogliere senza giudicare. 
Di amore e di rispetto, come l’invito a non giudicare, sono intrise le pagine del Vangelo.

Le parole di Papa Francesco hanno inevitabilmente scatenato l’ennesimo acceso confronto- scontro tra tradizionalisti e bergogliani e suscitato un’ondata di reazioni. La sua palese apertura alle unioni civili per i gay non è nuova, ma è stata ribadita in modo molto netto.
Il solito buffone-tuttologo Vittorio Sgarbi: “Anche il Papa è vittima di una della più gravi forme di corruzione relativistica, cioè il cedere al costume, alla moda. Se una moda prevale sui valori la società è finita. Il Papa è vittima della moda, ma i valori restano intatti perché sono fermi nella storia dell’uomo. Il Papa è caduto nel relativismo”. 
Anche il senatore della Lega Simone Pillon - molto vicino alle associazioni Pro-vita o Family Day - ha sempre criticato le unioni civili e non vede di buon occhio la presa di posizione del Papa e chiede di “non strumentalizzare le parole del Papa per legittimare la assurda proposta legge Zan.
Chissà quanti all’interno della Curia e delle lobby di potere, lo criticheranno, lo massacreranno, lo condanneranno, come già hanno fatto in tantissime occasioni, accusandolo di eresia, sacrilegio, profanazione e oltraggio al concetto di famiglia.

Ciò che conta, tuttavia, è che Francesco ci ricorda che le persone, in quanto portatrici di diritti, di rispetto e di dignità, sono più importanti di ciò che le determina, come la loro cultura, la loro religione, il loro atteggiamento sessuale, la terra dove vivono.
Ma è anche nel linguaggio e nella libertà di esprimere il suo pensiero che questo Papa diventa ogni giorno sempre più innovativo. 
26 ottobre 2020 (Alfredo Laurano)

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