domenica 12 aprile 2020

PER ORA, POSSIAMO APRIRE SOLO LE FINESTRE /2013

E’ oltre un mese che siamo chiusi in casa, ma la curva dei contagi, che sembra rallentare nella progressione, resta tuttavia alta, come i tanti decessi che, in verità, nessuno sa spiegare. Dopo trenta giorni di isolamento, di città e strade vuote - a parte le necessità - tutti pensiamo che questi numeri non dovrebbero essere tali, che dovrebbero drasticamente diminuire, in assoluto, visto che sono diminuite in teoria le occasioni di contagio, a parte chi ancora lavora nei settori autorizzati ed essenziali. Invece vengono interpretati dagli esperti, a livello regionale, tra picchi vicini, picchi raggiunti o meno, picchi in possibile discesa. E in virtù del numero di tamponi effettuati.
Sembrano diminuire solo i ricoveri e le terapie intensive.
Ma allora, chi risulta positivo oggi, quando ha contratto il virus, oltre un mese fa? Ma l’incubazione non era di due settimane? 
Ciò vuol dire che, chi si scopre infetto oggi ha incontrato il mostro quando le misure di contenimento erano già abbondantemente in corso, o quando, fuori casa per sola necessità (spesa alimentare, farmacia, lavoro, negozi autorizzati, trasporti pubblici, distribuzione e consegna di prodotti vari), si è contagiato, nonostante mascherine, distanziamento e norme igieniche. Senza parlare di virus portato in famiglia e condiviso e di case di riposo diventate tutte focolai.
In tanti, o tutti, ci facciamo queste logiche domande, che non trovano risposte chiare, univoche e soddisfacenti.

Anche perché dal mese di gennaio, guardiamo con una certa invidia alla Cina che ha imposto l’isolamento dell'intera provincia di Wuhan, città focolaio del coronavirus.
Con una serie di misure drastiche e stringenti, i contagi sono quasi azzerati nell’epicentro dell'epidemia, con i suoi 11 milioni di abitanti, ed estese all'intera provincia dello Hubei, in cui vivono 60 milioni di persone, da un giorno all'altro messe in una quarantena.
Si sono fermati i collegamenti stradali, ferroviari e aerei. Si è deciso il blocco totale dell'economia per evitare che i luoghi di lavoro diventassero un moltiplicatore dei contagi. Regole ferree. In poco tempo la città è diventata fantasma, strade vuote, negozi chiusi, parchi disabitati, spesa alimentare consentita solo online e consegne per comprensori al fine di ridurre al minimo i contatti.
Obbligo assoluto di restare a casa e di misurarsi la febbre ogni volta che si entra o si esce
Obbligatorio l'uso generale della mascherina nei supermercati e uno spazio intorno a ognuno di 2 metri quadrati: onere dei gestori, pena sanzioni.
C’è stata una chiusura totale, tutti i cittadini hanno rispettato le regole del governo e, in breve tempo, è stato raffinato anche il controllo con l’applicazione di messaggistica Wechat.  Lì, la privacy non esiste, ma ha permesso di salvare tante vite umane.

Il governo italiano ha deciso, tardivamente, di ampliare le misure per contenere l’epidemia e ha decretato l’intero Paese come “zona protetta”. In molti hanno applaudito per la decisione, altri invece chiedevano un pacchetto di norme ancora più draconiane, evocando il “modello Wuhan”.
Dove, dopo quasi due mesi, la Cina bloccata ha iniziato a vedere i primi risultati. Dove i pazienti cominciano a lasciare gli ospedali di Wuhan, utilizzando sempre ogni misura di sicurezza. Nelle ultime ore il Paese ha registrato appena 19 nuovi contagi.
"Così siamo tornati a vivere", dicono alcuni seduti ai tavolini, abbastanza vicini, ridono e scherzano. Ma solo qualche settimana fa, quelle stesse persone erano chiuse nelle loro case, impaurite da un’epidemia, che oggi spaventa l’Italia. “La situazione è migliorata tantissimo, la gente è di nuovo per strada. Sta tornando a frequentare ristoranti. L’aria è ancora un po' tesa, ma è normale che lo sia, siamo appena usciti da un incubo”.

Dal punto di vista dell’evoluzione progressiva del virus e dalle misure di contenimento adottate, noi Italia siamo circa un mese indietro alla Cina; Francia, Spagna, Germania e GB sono a due, tre settimane da noi. Stati Uniti ed altri Paesi del nord Europa sono ancora più dietro.
Ma, in questo sconfortante panorama, c’è chi smania e fa pressioni per riaprire, per uscire dalla quarantena nazionale. Si parla con insistenza della fase due.
Bisogna soprattutto fermare Confindustria e l'arrembaggio degli imprenditori della Lombardia e del nord, che dopo aver di fatto impedito di chiudere in zona rossa la Val Seriana, e così contribuito a diffondere colpevolmente i contagi, insiste per riprendere le attività produttive, subito dopo Pasqua, per salvare l’economia e i posti di lavoro. Non hanno vergogna e nemmeno pietà per i morti della loro stessa terra, che indirettamente hanno causato.
Se le attività produttive non essenziali riapriranno prima della fine dell'emergenza, gli infermieri di Piacenza in segno di protesta fermeranno il loro lavoro.

Riapertura di molte aziende dal 14 aprile? E’ un’idea che non mi convince assolutamente. Non possiamo pensare di riaprire subito, anche per molti e giustificati motivi”. Così si pronuncia Massimo Galli, primario infettivologo del Sacco di Milano. “Condicio sine qua non, per una riapertura, è la certa disponibilità dei dispositivi di protezione: “Quante mascherine occorreranno per far funzionare le aziende? Quanti imprenditori potrebbero assicurare ai dipendenti la debita protezione e il distanziamento? Altrimenti rischiamo di rinfocolare di nuovo l’epidemia”.
Riaprire subito dopo Pasqua sarebbe una follia, visti i dati che oggi registriamo - aggiunge Travaglio - Ricordo che stiamo contando 500-600 morti al giorno. Io non so davvero in una situazione del genere come si possa anche solo ipotizzare una riapertura che creerebbe più contagi e più morti. Se fosse vero che alla fine del mese, come calcola qualcuno sulla base di algoritmi, potremmo arrivare a pochissimi decessi e a 100 nuovi casi di contagio al giorno, a quel punto si potrebbe cominciare a ipotizzare una data. Ma io mi domando se qualcuno sia impazzito. Soltanto nella Bergamasca e nella Bresciana, si registra il più alto tasso di mortalità, non solo in Italia ma nel mondo. Io penso che si stia davvero scherzando col fuoco in una fase come questa”.

Siamo in molti a pensare che l’unica cosa che possiamo aprire sono le finestre.
Sperando che non entri il tentacolare, invisibile mostro.
9 aprile 2020 (Alfredo Laurano)


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