Ormai è chiaro ed evidente. Report (Raitre) ci ha mostrato che
in Val Seriana - Alzano Lombardo, Nembo e altre zone del bergamasco, fra le più
colpite e con un gran numero di vittime - il contagio si è amplificato
attraverso gli ospedali e le case di cura, che spesso hanno fatto da vere e
proprie incubatrici per il virus.
In meno di una settimana si sono moltiplicate le infezioni,
in modo impressionante (da una ventina a diverse migliaia), ma l’area,
incredibilmente, non è stata chiusa, non è stata dichiarata zona rossa. A Codogno e Vo’ Euganeo erano bastati poco più di 50 casi
per decretare la zona rossa. L’ospedale di Schiavonia (Monselice), dopo il
primo caso e la prima vittima, è stato chiuso immediatamente, con 450 persone
dentro (pazienti e personale medico).
Come mai in Val Seriana è stata fatta una scelta diversa?
Semplice, perché è fortemente industrializzata, piena di
fabbriche, imprese e capannoni. Non hanno chiuso perché gli industriali non
volevano e il governatore Fontana non voleva inimicarsi quelli che sono i suoi
riferimenti, come Tenaris che per sanificare usava il Vetril. Hanno fatto pressioni su governo e regione per evitare che
le attività produttive venissero fermate a inizio marzo, quando il contagio
poteva essere ancora contenuto. Avevano interesse a tenere aperto tutto, per
non paralizzare l’economia ed i guadagni. In altre parole, hanno diffuso
l’epidemia per non perdere profitto.
Ma quello che è successo all’ospedale di Alzano Lombardo è altrettanto
scandaloso e deve essere perseguito penalmente dalla magistratura.
La crisi inizia domenica 23 febbraio.
All’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, 6
chilometri da Bergamo, sono accertati due casi positivi di Covid-19. Nei giorni
precedenti era scoppiato il primo focolaio a Codogno (Lodi), che era però stato
subito chiuso dal governo, d’intesa con la Regione, in una “zona rossa”.
Ad Alzano non si è chiuso niente. L’ospedale viene fermato
solo per poche ore. Nessuna sanificazione, nessun percorso differenziato per
chi ha i sintomi del virus. Nessun tampone. Il contagio si diffonde.
L’ospedale diventa una bomba a orologeria. Si ammalano il
primario e via via medici, infermieri, portantini. Si ammalano i pazienti
dimessi e tornati a casa, si ammala chi entra ricoverato per una frattura ed
esce infetto. I cittadini di Alzano sono lasciati andare in giro a diffondere
il virus.
Le fabbriche, come già detto, restano aperte. Aperti gli
impianti sciistici della vicina Valbondione.
Niente mappatura, niente tamponi, niente separazione dei
contagiati.
I malati crescono.
I malati crescono.
Intanto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e quello di
Milano Giuseppe Sala invitano a non fermare le città e a uscire per l’aperitivo:
“Milano non si ferma”, “Bergamo non si ferma”. Risultato: ad Alzano più di 50
morti in pochi giorni.
Poi l’onda nera arriva a Bergamo. Oltre 4 mila positivi,
quasi 400 morti. Il governo decide solo sei giorni dopo, l’8 marzo, con il
decreto che dichiara tutta la Lombardia “zona arancione” e blocca 11 milioni di
persone. Troppo tardi. Bastava chiudere, ma molto prima, un’area di soli 25
mila abitanti.
Non è stato fatto per non bloccare quasi 4 mila lavoratori,
376 aziende, un fatturato di 680 milioni. Il contagio dilaga da Bergamo a
Brescia, arriva a Milano.
Dove, per non essere da meno, si è scoperto oggi che al poco
Pio Albergo Trivulzio, un primario è stato allontanato perché faceva indossare
le mascherine a medici e infermieri che: “Spaventavano i pazienti”.
Una vergogna, una gestione criminale, che ha nascosto la
realtà: meglio un’altra strage consapevole (un centinaio di morti), consumata
nell'indifferenza. Come accaduto anche in tante altre case di riposo,
parcheggio ingombrante di inutili anziani da sacrificare, tra i morti
invisibili, disabili, malati di Alzheimer e pazienti terminali.
Ma l’ecatombe silenziosa degli anziani forse si poteva
contenere o almeno rallentare. Ha comunque una sua origine e scelte precise: l’utile, il
profitto.
E vale anche per tutte le Rsa, accreditate con la Regione.
La Procura sta indagando per epidemia colposa, o, forse, insabbiata, ma il
disastro è già stato consumato.
8 aprile 2020 (Alfredo
Laurano)
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