Questo mostro invisibile, astratto e impalpabile, ci vieta di essere noi stessi, ci costringe a sospendere le interazioni sociali, a rinnegare la nostra natura di animali politici, che giustamente Aristotele ci attribuiva. Perché la socialità oggi è pericolosa, fa camminare il contagio, diffonde il virus e spesso uccide.
Rinunciare alla socialità, alla solidarietà e all’altruismo, in tempi di pandemia, serve quindi a proteggerci, a salvaguardare la
salute collettiva e a salvare anche la vita altrui.
E allora si riafferma, per assoluto stato di necessità,
questa nuova forma di individualismo coatto, ma non come antica teoria che
sceglie l’indipendenza, l’autonomia, gli interessi personali e i diritti del
singolo umano, rispetto alla collettività di cui fa parte. Ma come inedito
valore che punta a far prevalere i bisogni, le esigenze e il bene della
comunità.
Individualismo e socialità, a dispetto del proprio
significato semantico e delle storiche definizioni, oggi, sono due strade che
si sovrappongono e viaggiano, in parallelo, per raggiungere lo stesso fine.
E noi dobbiamo percorrerle in silenzio e senza protestare.
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