Si è spento questa mattina Luis Sepulveda, aveva contratto
il Covid-19 a inizio marzo.
Nella sua ultima intervista rilasciata al Manifesto, lo
scorso ottobre, Sepulveda parlava della rivolta cilena. Oggi quelle parole
suonano come un testamento. «La sola vera speranza è la gente giovane, quella
che ha manifestato più duramente e da più tempo contro il governo, ma manca
un’articolazione politica intelligente, la costruzione di un progetto politico
alternativo, le risorse intellettuali per proporre qualcosa di diverso, e
questo è un lavoro di anni. Spero verrà fatto»
Membro del partito socialista nella guardia personale di
Salvador Allende, ribelle e anticonformista, studia i maggiori pensatori di
sinistra, finché nel 1973, con il colpo di stato di Augusto Pinochet, viene
arrestato e torturato.
Per 7 mesi è prigioniero in uno stanzino che non gli
consente neppure di alzarsi in piedi.
Amnesty International interviene più volte con appelli in
suo aiuto e infine ne ottiene la liberazione a prezzo dell'esilio per otto
anni. Scappa in Brasile e poi in Paraguay, quindi è nella capitale dell'Equador
dove riprende la sua attività di drammaturgo.
Collabora con l'Unesco per cui studia l'impatto
dell'occidente sulla popolazione di indios Shuar; vive in Amazzonia e da qui
trarrà spunto per “Il vecchio che leggeva Romanzi d'amore”. Ottiene la
cittadinanza del Nicaragua, si sposta quindi ad Amburgo e lavora assiduamente
per Greenpeace fino al 1986.
Adios Luis, resteranno per sempre i tuoi romanzi “che
parlavano d’amore con parole così belle da far dimenticare la barbarie umana”.
16 aprile 2020 (Alfredo Laurano)
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