sabato 4 aprile 2020

L’ALTRA ITALIA /2008

Mentre l’Italia, in quarantena, cerca di resistere per contenere l'epidemia, per prepararsi alla cosiddetta fase due di convivenza con il virus, per poi, chissà quando, passare alla fase tre di uscita dall'emergenza e di ripristino della “nuova” normalità, si alternano fasi, fatti e situazioni di opposto segno e significato. Sullo sfondo, un Paese sempre più frustrato, spaventato e in preda alla paura e all’incertezza.
Si combatte il male tra psicosi e speculazioni politiche ed economiche, tra errori ed omissioni, tra impreparazione e tempistiche sbagliate, tra sciacalli e benefattori, tra egoisti e altruisti. Come, peraltro, accade in tutto il mondo, dove tutti sono smarriti e terrorizzati dalla pandemia che nella disgrazia unisce.
Tante facce dell’umanità, e delle sue connesse contraddizioni, che ci sono sempre state e sempre ci saranno.

Da una parte, come sempre, quelli che approfittano delle emergenze e dello stato di debolezza e di bisogno di una collettività provata, depressa e sbigottita: che aumentano i prezzi dei prodotti alimentari nei mercati e nei supermercati; dei saponi e dei gel igienizzanti, anche on line; che rapinano le farmacie; che truffano con le mascherine vendute on line e mai recapitate; che vendono test diagnostici per l’individuazione del Covid-19, in laboratori privati a prezzi stellari (dai 9 di base, fino a 150 euro); che sabotano il nuovo laboratorio per i tamponi del San Camillo a Roma, o attaccano (hacker) il sito Inps per diffondere ulteriore panico fra la gente. Come i tanti spacciatori di fake che, godendo del proprio sadismo, appartengono alla stessa razza bastarda.

Poi, c’è l’altra Italia. L’altra faccia dell’umanità, quella che si dà da fare per gli altri. Che si spende per gli altri.
Pensiamo ai medici e ai paramedici che in questi giorni si prodigano per curare e assistere i malati, pur rischiando il contagio e la propria vita; ai ricercatori che si affannano a studiare per arrivare a un possibile un vaccino. 
Ai sei fratelli medici di Torino, tutti in trincea negli ospedali. Agli alpini che a Bergamo hanno costruito un ospedale in dieci giorni.
Pensiamo ai tanti volontari che si adoperano per chi è anziano e solo e per chi ha bisogno.
Ai tanti che lasciano buste e pacchi alimentari fuori del proprio negozio o la pasta già pagata, come il caffè sospeso. 
A chi scrive: "Chi può metta, chi non può prenda", sopra cesti e cassette di beni di prima necessità. 
A chi prepara pasti nella sua cucina, in vaschette sigillate da distribuire ai poveri, ai migranti e ai senza fissa dimora che vivono in strada.
Sono azioni, gesti, scelte e attività “sospese" che stanno fiorendo in ogni angolo del nostro Bel Paese. E' l'Italia solidale, quella che agisce, quella che si prodiga, quella che ci piace.

E mentre si cerca di aiutare chi sta peggio, di tenere le persone a casa, di osservare le misure di igiene, di distanziamento e isolamento e si stringono all’estremo i controlli sulla vita sociale, il fantasmagorico mondo del calcio continua a stupire per la sua assurda incongruenza: progetta allenamenti e prepara il grande ritorno in campo.
E’ così irresponsabile e privo di coscienza sociale, in un momento così grave, che guarda esclusivamente ai propri interessi di bottega, al punto di pensare e proporre di riprendere a giocare campionati e coppe.
Ma per fortuna, il governo, ha capito che il calcio vive in una dimensione irreale, economicamente gonfiata, e non può avere una corsia preferenziale.
E dice no. Devi stare fermo e chiuso in casa, come tutti, come il resto del mondo.
Anche perché non possiamo e non dobbiamo dimenticare che il calcio ha giocato fino all’ultimo istante e ha contribuito non poco alla diffusione del virus, quando colonne di tifosi-untori, a migliaia, sono andati in giro per l’Italia e per l’Europa a epidemia ormai conclamata.
 2 aprile 2020 (Alfredo Laurano)



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