Oltre ai complottisti e catastrofisti di mestiere, che in
ogni tipo di emergenza grave sguazzano alla grande, (facendo girare video che
inculcano paure e paranoie, terrorizzando l'opinione pubblica con il vaccino
che ci trasformerà in zombie, evocando la dittatura del pensiero unico e
dell'informazione, dove tutti sarebbero silenziati, sottomessi e schiavizzati
con le catene nel cervello, fino all'introduzione forzata nelle case per portar
via fratelli, genitori e parenti vari infetti), c’è chi sostiene che, in nome
della sicurezza sanitaria nazionale, si limitano volutamente le libertà,
contravvenendo così agli articoli della Costituzione, ai principi democratici,
ai diritti fondamentali dell’uomo: controllo delle masse, controllo
dell’informazione, controllo socio-economico della popolazione.
Tutto, attraverso l’uso di una App - già adottata in Cina,
in Corea Sud e in altri Paesi - che permettendo il tracciamento degli
spostamenti di una persona, senza essere obbligatoria per tutti, sembrerebbe
tanto simile al braccialetto elettronico, usato per i detenuti agli arresti
domiciliari, e proposto per gli anziani che non possiedono smartphone.
Per costoro, anche il controllo delle Fake news sarebbe una
limitazione alle libertà di espressione, un richiamo, in chiave moderna, del
famigerato MinCulPop, organo della propaganda fascista. Tutto in nome della
salute pubblica.
E si, ora il problema della App, che dovrebbe, in qualche
modo, proteggerci e tutelarci, è la Privacy, la rinuncia alla libertà, la
precaria sicurezza dei nostri dati, che possono essere spiati, trattati,
controllati, monitorati, analizzati e archiviati nell’infinito cervello del
Grande Fratello.
A che scopo? A quale fine?
Per la nostra schedatura. Per usare quei nostri dati, alla
bisogna, per condizionarci, ricattarci e per obbligarci ad obbedire al sovrano
di turno.
Ma quella App, che si chiamerà “Immuni”, non doveva servire
per uscire di casa e ricominciare a lavorare, con cautela, in attesa del
vaccino?
Non dovrebbe tracciare i nostri contatti quando saremo in
giro, avvisandoci se siamo stati vicini a qualcuno che poi si è rivelato
positivo?
Intanto, sarà utile ricordare ai tanti paladini della
Privacy, alle sentinelle armate della riservatezza, che si aggrappano alla
simbolica foglia di fico che custodisce i reconditi segreti di ciascuno, che
siamo già abbondantemente spiati. Soprattutto da quando esiste Internet e la
Rete e le nuove tecnologie.
I nostri telefonini e i nostri computer sanno tutto di noi,
dei nostri gusti letterari, sessuali e musicali, delle nostre preferenze in
ogni campo, cosa ci piace mangiare o bere. Ci indicano i luoghi dove andiamo in
vacanza, prenotando su Booking, e dove e come siamo stati: anzi ce li fotografa
e li memorizza.
Siamo costantemente tracciati.
Il sistema ci controlla con il telepass, con le videocamere
di sorveglianza dappertutto, con il bancomat, le carte di credito e con tutte
le altre scie elettroniche che lasciamo. Con Google maps, sanno se andiamo a
piedi o se usiamo l’auto, il bus, il treno, la nave o l’aereo. Se andiamo al
supermercato, se ci facciamo consegnare la spesa a casa, se ci piacciono le
osterie o se frequentiamo centri commerciali o ristoranti, con Trip Advisor. Se
chattiamo su Whatsapp e Messenger, scambiandoci milioni di messaggi.
Se andiamo in chiesa, in palestra o in tribunale. Sanno
cosa e dove acquistiamo on line (Amazon in primis), ci consigliano e ci
propongono prodotti. Ci richiamano al dovere e anche al piacere dell’effimero.
Sanno cosa pensiamo, cosa scriviamo, con chi parliamo e
come siamo schierati politicamente.
Abbiamo rinunciato definitivamente alla nostra privacy da
quando abbiamo acquistato e connesso il PC e il nostro smartphone alla Rete.
Ogni secondo che passa, Google, Amazon, Facebook, Twitter, Instagram conoscono
tutto di noi, più di noi. Ci giudicano, ci sorveglino, ci bloccano se
sgarriamo, se postiamo cose immorali o inopportune. Ci sommergono di
pubblicità.
Abbiamo rinunciato alla privacy ogni volta che abbiamo
accettato i cookies dei siti internet visitati. Ogni volta che abbiamo firmato
contratti telefonici, finanziamenti, assicurazioni, prenotazioni, senza
controllare la postilla sul trasferimento dati a terzi.
Abbiamo ceduto i nostri dati a chiunque e ora, per assoluta
necessità sanitaria, non dovremmo scaricare una Applicazione che, in piena
pandemia, ci geolocalizza per un fine utile a tutti e che potrebbe salvarci la
vita.
Solo per fare un dispetto al misterioso Grande Fratello che
nessuno ha mai incontrato di persona e che, dal 1984 (scritto nel 1948) tiene
costantemente sotto scacco la vita dei cittadini.
24 aprile 2020 (Alfredo Laurano)
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