venerdì 17 aprile 2020

L’ARDITA LOMBARDIA /2020


Interpretando e sfruttando il naturale sentimento di frustrazione dei cittadini, provati da oltre quaranta giorni di segregazione senza risultati decisivi, il governatore Attilio Fontana ha annunciato in video la “Via lombarda alla libertà”, per il 4 maggio prossimo. Una presunta riconquista della libertà, un piano di ripresa industriale che sembra essere un salto verso l’ignoto.
Uno slogan che suona audace e grottesco e che mi fa venire in mente quelli ottimistici e di incoraggiamento di fine febbraio scorso, diffusi in video e in spot, anche sui Social, prima che si prendesse adeguatamente atto e contezza dell’epidemia, come “Milano non si ferma e Bergamo neppure”, “Vivete, visitate la vostra città, fate shopping”.
Erano i giorni degli aperitivi e degli inviti a non bloccare il commercio, quelli in cui Confindustria premeva per non fermare le fabbriche e le produzioni, nonostante fosse già chiaro che in quelle aree il contagio si stesse allargando senza un freno.
Ci abbiamo messo qualche giorno di troppo a capire all'inizio dell'emergenza, abbiamo sbagliato anche noi, anche io", ha detto poi Gori, sindaco di Bergamo, sostenendo, come il suo omologo Sala a Milano, quella linea che si è poi rivelata rovinosa ed esiziale: "Abbiamo pensato che si potesse tenere insieme la prudenza, il rispetto delle regole, le distanze di sicurezza, e la vita normale – è il mea culpa di Gori -

Ma la presunta ripartenza del 4 maggio in Lombardia l’ha decisa la Regione o Salvini, in perpetuo equivoco con le sue contraddizioni?  E il governo è stato avvertito, il Comitato scientifico lo sa, è d’accordo?
E’ possibile passare, con tanta inaudita leggerezza, dal terrore del numero dei contagi e dei decessi, ancora altissimo di questi giorni (con tasso di mortalità più alto in tutto il mondo), al “riapriamo tutto” per rimettere in moto l’economia?
Sono garantite le misure adeguate per chi andrà a lavorare, visto che ancora mancano milioni di mascherine, di tamponi e introvabili reagenti; che le cure domiciliari sul territorio sono praticamente inesistenti e che molti malati vengono lasciati morire in solitudine o dimenticati in promiscuità nelle RSA, senza cibo, lavaggi e assistenza, fino alla dipartita (sconvolgente il reportage di Piazza Pulita ieri sera)?

Le 4 D proposte dalla Regione - distanza tra le persone, dispositivi di protezione (mascherine), digitalizzazione (obbligo di smart working per le attività che lo possono prevedere) e diagnosi (test sierologici) - dovrebbero portare la Lombardia a una “nuova normalità”, che si prevede piuttosto triste, in cui l’unica “libertà” sarà quella di andare al lavoro, con la paura del contagio per sé e, al rientro, per la propria famiglia.
Ma, “La Lombardia parla con i fatti”, ha concluso Fontana, con un altro slogan a effetto.
E si, l’abbiamo visto tutti, soprattutto un mese e mezzo fa.
17 aprile 2020 (Alfredo Laurano)

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