lunedì 24 dicembre 2018

PRESEPE DE NA VORTA

L’origine del presepe si fa risalire a san Francesco che, rientrato da un viaggio in Palestina, decide di celebrare il Natale all’eremo di Greccio, tra le rocce, a 700 metri di altezza, la notte del 24 dicembre 1223. Voleva vedere, dicono i cronisti dell’epoca, con gli “occhi del corpo” il disagio in cui nacque Gesù.
Non fu un presepe (vivente) come lo conosciamo noi, con gli angeli, i pastori e la sacra famiglia. Si trattò della celebrazione dell’Eucarestia su una mangiatoia (praesaepe, in latino) con solo l’asinello e il bue, ma davanti a una folla di poveri accorsi per l’occasione.
Tutto ciò per ribadire che l’umiltà e la povertà sono la culla del cristianesimo, come ricorda ancora oggi papa Francesco.
Solo successivamente nei presepi del mondo sono stati aggiunti gli altri personaggi.
Da quel momento, infatti, si diffuse l’usanza di riproporre quest’allestimento nelle chiese durante il Natale, con figure di terracotta, cera o legno e, con il tempo, anche nelle famiglie. Inizialmente solo tra coloro che potevano permetterselo, come le case dei nobili dove era un prezioso soprammobile, svuotato dal suo significato originale, un modo per mostrare la propria ricchezza.

Anch'io, senza essere ricco e nobile, sono stato sempre affascinato dalla magia del presepe. Del suo calore, della sua costruzione, della sua sempre diversa scenografia, piena di angoli e paesaggi, di monti e fiumicelli, di luci e di colori, e dell’odor soave del muschio vero di una volta. 
Passione, amore e tanta fantasia, ricordi d’infanzia e di famiglia, di figlie stupite, emozionate e rapite da quel sogno: sensazioni scolpite nel tempo, che solo quelle scene antiche e serenamente pastorali sanno regalare. Ne ho fatte tante, ve ne propongo alcune.

“Trovavo ‘n’angolo, ‘n cammera de pranzo e ‘ncominciavo a fa’ ‘n telaio d’aricoprisse co la carta azzurra traforata de stelle.
Aricoprivo tutto co la carta mimetica, sortiva fòra ‘n grottone. Le lampadine intramezzo a li du foji faceveno arisarta’ le stelle.
Co la carta mimetica, stropicciata, ce facevo le montagne e intramezzo lasciavo er vòto de la grotta.
L’impianto de luci che giranno ‘n’interuttore facevno cambia’ arba, giorno, sera e notte. Arivaveno li pupazzetti e tutto s’ariempiva cor muschio (quello vero) e ‘na sporverata de farina a fa’ la neve.
La notte de Natale, ar ritorno da la Messa de mezzanotte, ce mettevo e Bambinello e er sei gennaro arivaveno li Maggi.
Peccato che nun se ne vedeno più tanti ne le case, sostituiti dar pagano Arbero de Natale.
Scusateme la prolissità, ma quanno ce penzo me commovo.” (Svardo)
24 dicembre 2018 (Alfredo Laurano)










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