lunedì 10 dicembre 2018

FIORI DEL MALE


A margine della tragedia di Corinaldo, in attesa che si faccia luce e giustizia, forse è opportuno porsi qualche domanda, oltre le dinamiche dei fatti e delle violate norme della sicurezza, in ordine alle responsabilità educative e formative che ci riguardano come adulti, come genitori, famiglie, istituzioni, o gestori di un locale.
Cosa c’è dietro certe mode, comportamenti, scelte e stili di vita, legati ai tempi e alla contemporaneità, di frotte sbandate di ragazzini in piena pubertà?
Forse è il caso di sapere a chi si ispirino, da chi si facciano plagiare, motivare e condizionare, prima di assecondarli, accontentarli, lasciarli liberi di fare e di andare. Lodevole il gesto responsabile di quella madre che ha perso la vita per accompagnare, seguire e non deludere la piccola figlia.

Non so quanti genitori di adolescenti conoscano appena quell’idiota che si fa chiamare Sfera Ebbasta, di professione trapper, cioè cazzaro, nullafacente, consumatore di ossigeno abusivo. Personaggio nocivo, altamente tossico in tutti i sensi e oltremodo diseducativo.
Non so quanti ascoltino le sue dolci melodie, i suoi lirici versi onomatopeici (muggiti, latrati e grugniti vari) da far invidia a Baudelaire e vicini alla poetica del simbolismo dei poeti maledetti. O, se preferite, a quelli più affini al melodramma italiano o a quelli più classici, danteschi, stilnovisti o leopardiani.
C’è di che discutere: esperti, linguisti, letterati e analisti stanno studiando e valutando.

E’ la nuova cultura che una specie di fenomeno, ignobilmente detto musicale, si diffonde oggi tra le giovanissime generazioni, deprivate di fedi cadenti, di valori ridicoli e vetusti e di ideologie arcaiche, superate e anacronistiche, da avviare alla discarica.
E’ quella specie di moda, alimentata dalla sfruttamento e dal profitto, che tutto omologa e indirizza. Che, volenti o nolenti, crea i necessari miti contemporanei che la propagano, che ruba l’ingenuità e la buona fede per speculare ad oltranza, immoralmente.
Ma veniamo alla sostanza, le nostre chiacchiere sono banali e, forse, per molti, prive di significato. Nulla a che vedere con le straordinarie parole di quel feticcio umano di cui sopra.
Godetevi, allora, in tutto il suo splendore, il testo di una sua canzone, a caso. Ragli che nostri figli e nipoti imparano a memoria, invece di Pianto Antico o di Infinito, che canticchiano come filastrocche, che ne fanno un mantra quotidiano dell’imbecillità.

"HEY TIPA"
“Hey tipa, vieni in camera con me!
Luccico, quando esco per la strada. Luccico, non esco se non ho un completo lucido, la tua tipa mi guarda, ah dubito che voglia solo fare amicizia, mi vuole subito.
Mi vede e dice "Wow" e le sue amiche "Wow" santarelline, ma a me mi sembra Bendhouse.
Quanto sei porca dopo una vodka, me ne vado e lascio un post-it sulla porta.
Le more, le bionde, le rosse, le mechesate, vestite da suore o con le braccia tatuate,
le alternative, le snob pettinate, spettinate sotto le lenzuola ubriache.
Le tipe che ho avuto, le tipe che avrò. So che mi vuoi non dire di no.
Lasciami il numero e se mi ricordo, magari un domani ti richiamerò.
Io non lo so cosa ti faccio, però mi cerchi lo so che ti piaccio,
sono una merda, ragiono col cazzo, oggi ti prendo, domani ti lascio.

Hey tipa! vieni in camera con me! e portati un'amica po-portati un'amica!
Hey troia! vieni in camera con la tua amica porca, quale? quella dell'altra volta.
Faccio paura, sono di spiaggia, vi faccio una doccia, pinacolada.
Bevila se sei veramente grezza, sputala, poi leccala, leccala,
limonatevi mentre gioco a biliardo, con la mia stecca, solo con le buche,
solo con le stupide 'ste puttane da backstage sono luride, che simpaticone!
Vogliono un cazzo che non ride, sono scorcia-troie, siete facili, vi finisco subito.
Hey tipa! vieni in camera con me! e portati un'amica po-portati un'amica!”

Facciamo un bel respiro. Superiamo il disgusto e il senso del vuoto.
Non so perché mi viene in mente, forse per vistosa antifrasi, Grazie dei fior o Vola colomba, oppure Caro amico ti scrivo o la Canzone di Marinella o Dio è morto di Guccini. E con lui l’umanità, l’adolescenza e, forse, la speranza.
Chi canta e scrive questi testi artistici andrebbe sottoposto a TSO e ristretto in una camicia di forza: è chiaramente un malato, un dissociato, un disturbato che fa proseliti e seguaci. Un preacher contagioso, un pericoloso terrorista delle coscienze informi, che turba, orienta e frantuma migliaia di fragili bambocci. Che di se stesso dice, ben consapevolmente e per eccesso di autostima: "sono una merda, ragiono col cazzo".
Al di là di crolli, gas urticanti e di tragedie del non senso.
  (Alfredo Laurano)


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