venerdì 4 marzo 2016

PADRI, CAPRE E FIGLI

“Quello appena nato non può essere figlio di Vendola, perché dal culo non esce niente…Vendola ha un marito ed è contemporaneamente padre. Due persone dello stesso sesso non generano.”
Sic loquitur sua eccellenza Vittorio Sgarbi. Ce lo fa sapere il blogger Saverio Tommasi, che aspramente lo rampogna.
Sulla sostanza dei fatti, inutile ripeterlo, siamo anche d’accordo, ma non certamente sui modi, sui toni e sul pregiudizio di genere.
Soprattutto, quando e perché certe liriche affermazioni vengono da chi ha sempre dichiarato, con un certo mascolino e narciso orgoglio, di avere decine e decine di figli sparsi per il mondo - non voluti, ma capitati come un raffreddore - di cui ne ha riconosciuti solo un paio: non so se per scelta o a campione. Che so, quelli venuti meglio, più belli, più somiglianti, più promettenti per intelletto e dinastia.

Per questo la categoria di padre non può appartenergli, perché si diventa padri con l’amore, l’affetto e la volontà di crescere una vita.
Non perché si infila un pisello in una qualsiasi vagina, nella quale, dopo qualche colpo sussultorio e ondulatorio, si lascia una traccia bianca del proprio casuale passaggio.
Nichi e il suo compagno, invece, questo bambino l’hanno voluto, e certamente comprato, hanno noleggiato un utero e una donna che l’ha partorito e, pur scegliendo una pratica di sfruttamento, eticamente discriminante e non condivisibile, lo hanno fatto nascere come frutto di un atto d’amore, non di arroganza e vanesio machismo.
 2 marzo 2016 (Alfredo Laurano)



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