giovedì 24 marzo 2016

FO NE FA NOVANTA!

Oggi, Dario Fo, il nobile giullare, compie 90 anni! 
Una straordinaria avventura artistica la sua.
Che altro dire, scrivere o pensare di questo geniale menestrello che, con la sua stupefacente mimica, con il suo stile beffardo e canzonatorio e con la sua suadente capacità di affabulazione, ha da sempre raccontato il rapporto fra Potere, religione e società? 
Che in una lunga serie di commedie, ritratti e personaggi ha rappresentato i grandi temi della nostra quotidianità, anche attraverso la storia, i miti e la leggenda?

Ricordo tutti gli spettacoli di Dario e Franca che ho seguito al Teatro Tenda di piazza Mancini di Roma, negli anni settanta.
Da “Mistero Buffo” recitato in “grammelot” - un linguaggio eccezionale che si rifà alle invenzioni dei giullari e alla Commedia dell'Arte, fatto di suoni che imitano il ritmo e l'intonazione di dialetti padani e popolari - a “Morte accidentale di un anarchico”, al “Fanfani rapito”, a “La signora è da buttare”, a “Settimo, non rubare”, a “Pum pum! Chi è? La polizia”…
E ricordo, soprattutto, le sue spassose improvvisazioni, i commenti caustici ai fatti del giorno, le parodie, le battute che introducevano, di solito, la commedia. Uno spettacolo nello spettacolo! Ogni volta entusiasmante!
In ogni passaggio, si coglieva la magia, la spontaneità, la bravura imbarazzante, la vis comica innata, l’ironia pungente, la capacità di coinvolgere gli spettatori e di farli sentire partecipi, amici e protagonisti.
Sotto il palco, prima e dopo la recita in programma, Dario e Franca ridevano e scherzavano con tutti, fra abbracci e pacche sulle spalle.

I testi erano di satira politica e sociale per un teatro militante e popolare, critico e alternativo, anche nei luoghi in cui si realizzava: piazze, fabbriche, case del popolo e per un pubblico ben diverso da quello tipico dei teatri classici o borghesi.
Gli incassi servivano spesso per sostenere la militanza in Soccorso Rosso, che aiutava, anche legalmente, i detenuti della Sinistra extraparlamentare e controllava le loro precarie condizioni carcerarie.
Tutta l’opera di Fo è intrisa di valori sociali e libertari, è anticonformista, anticlericale e fortemente critica nei confronti delle istituzioni e della morale comune, sempre attraverso lo strumento della satira feroce che non fa sconti.
La costante opposizione a ogni forma di potere prepotente e vessatorio ha reso Fo, almeno fino al premio Nobel del 1997, un artista particolarmente "scomodo". 
Non a caso, fu cacciato dalla Rai nel 1962 e poi dimenticato per parecchio tempo.
In molte farse, con o senza Franca, si è preso gioco anche del mondo ecclesiastico che non l’ha mai molto amato.

Oggi, dando ulteriore prova di onestà intellettuale e del suo spessore umano, il laicissimo Dario Fo, l’impareggiabile buffone che da sempre ha preso in giro Chiesa, potere, papi, presidenti, politici e cardinali, è arrivato, paradossalmente, a schierarsi con il rappresentante massimo della chiesa cattolica, papa Francesco, che in più occasioni ha apertamente criticato il mondo del business internazionale, le banche e i poteri forti, i fanatici del profitto a tutti i costi, i fabbricanti di armi, di guerra, di morte e di violenza.
Un uomo che Dario ammira, in una naturale e non troppo sorprendente vicinanza di pensiero e sentimenti, perché tenta migliorare il mondo e di tutelare i più deboli ed emarginati e che per questo dà fastidio.
Come dava fastidio lo stesso Fo, fino a qualche tempo fa. Auguri!

24 marzo 2016 (Alfredo Laurano)

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