venerdì 16 gennaio 2015

DAME DI GUERRA


I soliti commenti crudeli e impietosi che avevano condannato la scelta delle due ragazze italiane di portare aiuti in Siria, hanno accompagnato, inesorabilmente, anche la loro liberazione. Con il carico aggiuntivo di critiche e polemiche: quanto denaro è stato pagato per il riscatto, quanto ne sarà usato per comprare armi e uccidere ancora?
Osservazioni anche giuste e, in parte, condivisibili.

Ma la vita umana? La vita di due giovanissime volontarie non conta niente? Il sacrificio di chi si spende per aiutare altri che non hanno nulla, se non la propria miseria e la propria disperazione, ha un senso o è come andare in discoteca a sballare con gli amici. C’è una qualche differenza tra impegno e disvalore?

Sorprende, al contrario, come nell'era dei consumi, degli stereotipi sociali, del neoedonismo psico-socio-liberista ci sia ancora qualche folle ragazzina che rinuncia a giocare con l’iPhone e agli altri riti collettivi per combattere il cinismo e l’indifferenza.

Cinque mesi e mezzo di prigionia consumati in condizioni drammatiche, tra minacce e violenze brutali. Questa, senza scendere nei dettagli, è la cruda sintesi del sequestro di Greta e Vanessa. Finito nel migliore dei modi, fortunatamente, ma sospeso fino all’ultimo tra rischi e incertezze.
Sono arrivate questa notte a Roma, stremate e senza forze. Non sarà facile per loro metabolizzare quest’esperienza.

In ogni caso, visti anche casi precedenti, sarà opportuno rivedere e ripensare - sul piano pratico e politico - le attività delle organizzazioni italiane di volontariato che operano in teatri di guerra e di terrore, dove il rischio di sequestri e il pericolo di vita è così alto che nemmeno i più sofisticati apparati di intelligence possono evitare o prevenire.

Ma, comunque la pensiamo, che giochino a ostaggi e prigionieri, che siano amanti del brivido e dell’avventura, o che siano messaggeri di pace e di solidarietà, queste due fanciulle coraggiose meritano una qualche considerazione, anche perché non cercavano la luce dei riflettori o i titoli di stampa o la nomination al “grande bordello”.
Almeno, un po’ di più di tante dolci dame di compagnia che siedono, beate, in Parlamento.

16 gennaio 2015      (Alfredo Laurano)


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