giovedì 15 gennaio 2015

CASTIGAT RIDENDO MORES

Prendo spunto dalle garbate parole del mio amico Antonio che, pochi giorni fa, commentando il mio pezzo “Il terrore della satira”, si diceva non d’accordo su alcune mie conclusioni. “La satira è sempre irridente, spesso offensiva, altrimenti che satira è? Può essere più o meno elegante, più o meno gradevole a chi la legge, ma da che mondo è mondo chi fa satira usa termini, immagini, apprezzamenti pesanti…”
Nel successivo scambio di opinioni osservavo - ferma l'assoluta condanna del massacro parigino e di ogni forma di fondamentalismo - che irridere non equivale a offendere. Che sfottere non significa insultare. 

Se voglio fare dell'ironia, anche estrema, scomoda e irriverente sulla madre o la sorella di qualcuno, su una santa o una madonna cristiana, o su una figura spirituale buddista o tibetana, non dirò mai che è una zoccola, una pazza o una criminale. 



Il vilipendio della religione (e la blasfemia, in quanto offensiva del sentimento religioso di alcuni fedeli) è punito penalmente in molti paesi, sia teocratici che laici. 
Abbiamo forse dimenticato la provocatoria maglietta dell’irresponsabile Calderoli, esibita in TV, che irrideva a Maometto e che provocò assalti, scontri e numerose vittime presso chiese e ambasciate italiane nel mondo, qualche anno fa? E che, a invece di carceralo, ci è costato un milione di euro per metterlo sotto scorta? 
A lui, è andata bene, forse perché era ben protetto dal Palazzo. I poveri redattori trucidati di Charlie non avevano, purtroppo, molti santi in alcun paradiso. Tanto meno, in quello di Allah.

Non mi sognerei mai e poi mai di mettere in discussione la libertà di stampa e di pensiero - ne ho fatto un dogma e una bandiera nella mia vita - né invocherei mai una qualsiasi forma di censura, ma scalerei soltanto il concetto di satira sull’accidentato crinale della responsabilità personale, fra le vette dell’ironia, del sarcasmo e del rispetto: un eventuale limite deve nascere dal buon senso, dalla discrezione, dalla nostra coscienza. 

Non dovremmo mai dimenticare che “La nostra libertà finisce dove comincia la vostra” (Martin Luther King). Ma, molte volte, lo facciamo e per ribadire la nostra, calpestiamo quella degli altri e, quindi anche la loro libertà di credere in qualcosa, in una fede, in un'idea, un simbolo. 
Questo, a mio avviso, è il vero significato del laicismo. 

Il confine tra satira e offesa, e anche diffamazione, è quindi molto sottile e sta a noi valutarlo e distinguerlo con giudizio. Anche perché non potremmo avere alcun confronto dialettico con alcuno, a suon di offese e insulti (pur se accade spesso, ma quella è altra cosa), anziché sulle idee sul ragionamento o, volendo, sul reciproco cazzeggio. Spesso diciamo, infatti, "scusa se ti ho offeso, ma intendevo soltanto scherzare". 


A tal proposito, la saggezza popolare ci ricorda: "scherza coi fanti, ma lascia stare i santi". E oggi, pure il Papa, dalle Filippine, mi dà ragione e dice che la pensa come me….

15 gennaio 2015      (Alfredo Laurano)  

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