lunedì 28 settembre 2020

SUONA STONATA LA CAMPANELLA

Il grembiulino nuovo e ben stirato, il vistoso fiocco bianco o blu, la cartella, l’astuccio con i colori profumati, la penna e la matita, un quaderno a righe e uno a quadretti, un panino o una crostata come merendina: questo era il nostro vettovagliamento per andare a scuola, soprattutto il primo giorno.
E poi, nell’altra cartella personale della nostra coscienza di bambini, si nascondeva un groviglio di emozioni che faceva battere forte il cuore: trepidazione, ansia, curiosità di vivere un momento così importante, voglia di conoscere maestri e nuovi compagni, nuovi banchi (una volta avevano l’inchiostro incorporato, che il bidello rabboccava ogni mattina) e nuovi giochi. Il tutto condito da un certo timore.
Oggi, in era pandemia, nello zaino e nella testa dei piccoli studenti c’è molto di più: la paura collettiva e delle famiglie, la responsabilità e le raccomandazioni dei genitori che cercano di vigilare e non sbagliare, la mascherina di ricambio, il disinfettante o l’amuchina (tornata a prezzi quasi normali), la voglia di scoprire, di imparare, di giocare senza però ammucchiarsi, senza parlarsi all’orecchio o abbracciarsi, fermo l’obbligo di star lontani e separati.
Questa la nuova scuola, anomala, diversa e innaturale, che impone il maledetto virus. Che annulla e proibisce la naturale socialità, che limita la convivenza, che cancella la voglia di stare insieme, di ridere, di crescere e correre insieme, di volersi bene, senza sfiorarsi, senza baciarsi.
È la nuova scuola della colpa e del castigo, della punizione e della penitenza che nessuna pedagogia, nessun metodo educativo aveva previsto nei confronti di chi ancora non ha sbagliato.
Che annulla la tendenza dell’uomo e dei suoi cuccioli a vivere in società, per reciproca convenienza e naturalità.
Che ha soppresso la mitica figura del “mio compagno di banco”.
14 settembre 2020 (Alfredo Laurano)

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