La
libertà è un diritto che ogni essere umano acquista alla nascita,
Una
severa condanna dello schiavismo si ritrovava già nelle pagine della
Encyclopédie e lo stesso redattore dell'opera, Diderot, nel 1771 scriveva
contro la violenza agli oppressori della libertà perché «i mortali sono tutti
uguali» e quindi:
“Mai un uomo potrà
essere la proprietà di un sovrano, un bambino la proprietà di un padre, una
donna la proprietà di un marito, un domestico la proprietà di un padrone, un
negro la proprietà di un colono. Dunque non possono esistere schiavi, neanche
per diritto di conquista, ancora meno per acquisto e vendita”.
Verso
la metà del sec. XIX, il traffico di schiavi poté dirsi stroncato.
Fu
abolito dapprima nei territori europei, inglesi e francesi e poi, via via, nel
resto del mondo. L'ultimo paese dell'area di influenza europea che abolì formalmente
la schiavitù fu il Brasile nel 1888. Tutto ciò però non significava ancora
l'emancipazione degli schiavi.
La
schiavitù era, storicamente, la condizione per cui un individuo perdeva tutti i
diritti di persona libera e diventava proprietà di un altro individuo, come
avevano, appunto, già affermato nell’Illuminismo. Il padrone di uno schiavo
aveva diritto di vita e di morte su di esso e sulla sua famiglia e aveva
diritto a sfruttarne il lavoro senza fornire nessun compenso per esso; spesso
il costo per il lavoro degli schiavi era limitato al necessario per la loro
sopravvivenza.
Uno
schiavo poteva nascere in questa condizione, se figlio di schiavi, oppure
poteva perdere la libertà in determinate
situazioni, le più comuni delle quali
erano la cattura in guerra o la schiavitù per debiti, per cui un debitore, se
non era in grado di rimborsare il proprio creditore, diventava egli stesso una
sua proprietà.
Oggi,
la schiavitù è
una condizione
formalmente illegale in quasi tutto il mondo, anche in seguito all'adozione
presso le Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Eppure,
nonostante tutto questo, la schiavitù è ben lontana dall’essere debellata. Ha
solo cambiato pelle. E’ una condizione che interessa ancora milioni di persone
al mondo, in particolare donne, ragazze e bambini, con relativo traffico di
esseri umani e sfruttamento sessuale. Una pratica che ha radici profonde. Tanto
che si parla di schiavitù moderna.
In
Italia, siamo al paradosso, oltre il caporalato e lo sfruttamento. Siamo oltre
il nuovo schiavismo.
Dovevano
lavorare, ancora di più e sempre più veloce. Sotto la minaccia di un'arma
puntata alla gola. E, quando si accasciavano stremati o provavano a scappare,
partivano le fucilate, “per spronarli ad
accelerare la raccolta e la lavorazione dei prodotti”.
L’incredibile
storia, che sembra accadere in qualche latifondo del Sudamerica del Settecento,
è invece di freschissima attualità e viene da Terracina, in provincia di
Latina.
Il
"padrone" fuciliere è un imprenditore agricolo di 35 anni, che
trattava come schiavi i braccianti che lavoravano nelle sue terre.
L'aguzzino
è stato arrestato l’11 ottobre, con l’accusa di sfruttamento del lavoro,
minaccia aggravata con l'utilizzo di un fucile a pompa, lesioni personali e di
aver fatto lavorare i braccianti in condizioni degradanti e sottopagati.
I
lavoratori, tutti indiani, costretti a lavorare ogni giorno per pochi euro, a
dormire in baracche fatiscenti, a sottostare ai ricatti dei caporali e persino
a fumare oppio per sopportare la fatica, venivano minacciati di continuo, alla
fine si sono ribellati e hanno denunciato.
Ma
i casi come questo sono tanti e continui, anche se senza le minacce armate, uno
più grave e disumano dell’altro.
La
grande, temuta invasione, annunciata di chi specula sulla paura dei migranti,
alla fine, troppo spesso, si traduce solo in discriminazione e sfruttamento.
Ci
sono più persone in stato di schiavitù oggi, che in qualsiasi altro momento
della storia.
15
ottobre 2019 (Alfredo Laurano)
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