La
mafia non esiste, almeno a Roma, non esiste.
I giudici
della Cassazione dicono che 'Mafia Capitale' non era un'associazione a
delinquere di stampo mafioso, ma criminalità organizzata comune.
L'indagine
del procuratore Pignatone che aveva travolto la capitale d'Italia, ribaltando
gli assetti politici non solo locali, aveva ipotizzato l'esistenza di un Mondo
di mezzo, che voleva prendersi Roma con la forza e con le tangenti. Ovvero,
l’intreccio mafioso tra politica e imprenditoria “del sopra e l’illegalità del
sotto”. In realtà, per la Cassazione non esisteva: fu più banalmente il
matrimonio di interesse tra due famiglie criminali e i loro capi: i neri di
Massimo Carminati e la Cooperativa sociale 29 Giugno.
Anche
se “È la teoria del mondo
di mezzo compà. Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi
stiamo nel mezzo. E allora vuol dire che ci sta un mondo, un mondo in mezzo in
cui tutti si incontrano… come è possibile… che ne so… che un domani io posso
stare a cena con Berlusconi”, teorizzava all’epoca Massimo Carminati.
Carminati,
Buzzi e i loro collaboratori si muovevano "con un nuovo sistema anche con
metodi criminali solitamente non violenti nei rapporti con la pubblica
amministrazione, perché in quel contesto bastava corrompere. Usavano la
violenza solo quando era necessario e grazie alla corruzione gestivano il
potere politico con fini criminali".
L’accusa
di 416 bis è quindi crollata alle 20 di ieri sera, nell'aula magna del
Palazzaccio, dopo undici ore di camera di consiglio.
Non
un clan mafioso, ma due associazioni a delinquere semplici, come tali sanzionabili
con pene più basse, che un nuovo processo d’appello bis dovrà ricalcolare.
23
ottobre 2019 (Alfredo Laurano)
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