venerdì 20 luglio 2018

ANCHE ALLORA ERA D’ESTATE


Per ricordare l’uccisione di Borsellino e la strage della sua scorta del 19 luglio 1992, avvenuta tre mesi dopo quella a Capaci di Falcone, Raitre ha mandato in onda “Era d’estate”, un film di Fiorella Infascelli, interpretato magistralmente da Giuseppe Fiorello e Massimo Popolizio. 
Nell’estate del 1985. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vengono trasferiti d'urgenza all'Asinara insieme alle loro famiglie, in seguito ad una minaccia più allarmante del solito. I due giudici stanno lavorando al maxiprocesso penale che porterà in carcere molti mafiosi e protagonisti della criminalità organizzata. Dunque, entrambi sono nel mirino di Cosa Nostra, ma anche nelle scelte ostruzionistiche dello Stato che, dopo averli mandati "in vacanza coatta", rifiuta di inviare loro i faldoni necessari per mettere in piedi l'istruttoria del maxiprocesso. 
Il bel film descrive la minaccia all'incolumità dei due uomini e delle loro famiglie, controllati a vista, ma sceglie di farlo in un contesto luminoso di acqua e luce, per niente teatrale e opprimente, che attenua la drammaticità dei fatti, dei rischi e delle paure, attraverso i colori pastello, le atmosfere lente e suggestive di un'estate serena all’apparenza e quasi vagamente vacanziera. 
Con grande delicatezza, racconta l’eroismo quotidiano dei due amici: il temperamento fumantino di Falcone, la dolcezza paterna e coniugale di Borsellino, l'ironia profondamente siciliana con cui entrambi discettano della propria morte.
Sono così diversi, ma anche così simili - soprattutto nella determinazione e nei valori - attraverso la quotidianità, i dialoghi personali, gli abbracci, le colazioni, i bagni in mare, le mille sigarette, le brevi passeggiate serali intorno a casa. 
Non appaiono mai come quelli celebrati dalla Storia, anche se la consapevolezza di andare incontro ad un destino già segnato è totale e onnipresente, ma insufficiente a farli desistere dalla ricerca di giustizia e verità. 
Prevale, quindi, nel racconto la loro dimensione umana, insieme a quella di famiglie e figli, che non possono non risentire dell'incombenza della morte sulle teste dei loro padri. Per questo, nonostante la vivida fotografia, le ambientazioni e i ritmi lenti, la narrazione filmica si fa crepuscolare e triste nel ripercorrere quei giorni, sette anni prima delle stragi di Capaci e via d'Amelio. 
(Alfredo Laurano)

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