martedì 13 febbraio 2018

QUANDO IL SALE CONDISCE LA POESIA


A MARTA
Quante volte ce lo siamo detto: passame er sale, passame er pane, passame er vino... (per favore). Sembra scritta anche per noi... (come per tanti altri), e per questo, te la voglio dedicare.
Se fossi giovane come a quel tempo, ti comprerei il disco col fiocchetto, ma oggi c’è internet e tutto lì' c’è.
"N’avemo fatta de strada e de strada ancora (forse) ce n’è.
Ogni fiato, ogni passo che resta vojo fallo co’ te…"
Passame er testo e falla co me! (Alfredo)

PASSAME ER SALE è il bilancio di un’esistenza, di un amore che dura una vita, con i suoi alti e bassi, i suoi piccoli riti quotidiani, le liti e le riappacificazioni. 
Un bilancio positivo, perché qui non c’è la storia, che quasi sempre si racconta, di un amore che nasce o che finisce, ma quella di un amore, maturo e consapevole, che cresce e nel tempo si rafforza.
Perché qui c'è l'utopia dell'amore eterno che si realizza, fra momenti di gioia e sofferenza, di sogni e di ansie, di paure e di speranze. "Se semo amati, feriti, traditi e accarezzati, se semo persi, inseguiti, impauriti e in lacrime riconquistati".

Perché “passame er sale”? Perché è una delle classiche e semplici frasi che accompagnano la vita di tutti i giorni di una coppia, i suoi pasti, i suoi dialoghi, i suoi momenti di semplice normalità.
Perchè la scelta del dialetto romano (ma sarebbe lo stesso anche in napoletano o siciliano)?
Perché è la nobile lingua dell’intimità familiare e domestica, della complicità delle passioni, della palpitazione, del pathos, della trepidazione. La lingua dell’anima che canta l’amore, funzionale ad un ritratto fedele di luoghi e dei tempi, che sono soprattutto uno stato d’animo.
Perché è la storia delle nostre radici. Scrivere in dialetto, come pure parlare, è diverso, le cose vengono fuori con più facilità, le canzoni e le poesie sono meno ragionate.

“Vengono dalla pancia - racconta Barbarossa - Quando scrivi in dialetto non rappresenti solo te stesso, ma una cultura millenaria, con più riferimenti, e non c'è niente come il suono di un dialetto che riporti a certe sensazioni e descrizioni".
E quei testi si concretizzano, prendono forza evocativa e vita propria e si moltiplicano in coriandoli d'infinito, piccoli istanti di eternità (Baglioni), che creano divertimento e commozione, che rilasciano emozioni e brividi. 
Che raccontano la nostra storia, i nostri turbamenti. 
12 febbraio 2018 (Alfredo Laurano)
TESTO: Passame er sale, er sale fa male, passame er tempo, er tempo non c’è, passame armeno i momenti che ho vissuto co’ te.
Passame er vino lo mischio cor sangue, passame i sogni je metto le gambe, passame stelle che inseguono il giorno e nun sanno dov’è.
Se semo amati, feriti, traditi e accarezzati, se semo presi, lasciati, pentiti e aritrovati
pe’ ogni fijo amato e cresciuto. N’avemo fatte de notti, mo’ li vedi anna’ in giro ner monno coi nostri occhi.
Ah si mi chiedi l’amore cos’è, io non c’ho le parole che c’hanno i poeti, nun è robba pe’ me
ah si me chiedi l’amore che d’è, io non c’ho le parole, ma so che ner core nun c’ho artro che te.
Guardace adesso t’aspettavi de più, gniente è lo stesso, ma più bella sei tu, che manco a na stella cadente avrei chiesto de più;
se semo persi, inseguiti, impauriti e in lacrime riconquistati;
se semo offesi, difesi, colpiti e pe’ tigna mai perdonati;
N’avemo fatta de strada e de strada ancora ce n’è.
Ogni fiato, ogni passo che resta vojo fallo co’ te….



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