domenica 25 febbraio 2018

E’ ARRIVATA LA BURIANA


Molti ricorderanno l’allegra filastrocca, dei primi anni sessanta, cantata da Renato Rascel: "È arrivata la bufera / è arrivato il temporale / chi sta bene e chi sta male / e chi sta come gli par", che, quando fu composta (1939), voleva velatamente sdrammatizzare la possibilità di un nuovo conflitto bellico in Europa. Oggi quella bufera, ma solo in senso meteorologico, sta arrivando di nuovo e non è la prima volta.
Da domenica prossima, gelo, fitte piogge, vento forte e copiose nevicate, anche in pianura, si abbatteranno in buona parte d’Italia, nord e centro in particolare, comprese le Marche e le regioni adriatiche. Qualche spruzzata di bianco potrebbe cadere anche su Roma e il litorale laziale.
Quest’aria fredda di origine siberiana, che alcuni chiamano Burian, altri Buran, viaggiando a 100 km/h tra steppe, monti, valli, fiumi e laghi e gelando qualsiasi cosa incontri lungo il suo percorso, occuperà i nostri spazi e i nostri cieli, restandovi per diversi giorni, anche se non è certo una novità.
Il termometro inizierà a scendere sotto zero, appunto, nella giornata di domani 25 febbraio e le massime non arriveranno oltre i 2 o 3 gradi, tanto da risultare molto inferiori alle medie climatiche di periodo, anche di 10-15 gradi.
Secondo i meteorologi sarà una delle più potenti incursioni del temibile Burian degli ultimi 20 anni.
Il suo nome è collegato a radici popolari-linguistiche che si rifanno a Boreale.
Da secoli, il gergo popolare marchigiano ha assimilato la locuzione russa Burian, indicando con il termine dialettale Buriana la classica bufera portata dal gelido vento di Nord-Est, proveniente dalla lontana Siberia.
A Trieste ed in Friuli, viene chiamata Bora, derivando tutti dal latino e dal greco "boreas", "settentrione", che sul mare, poi, diventa burrasca, dal veneto "borasca". Come il francese "Mistral" deriva dal Maestrale, cioè il vento maestro o principale.
A differenza dell’agricoltore Giovanni della Val d’Ossola - che spavaldamente si definisce amico del freddo e che vive in casa e fuori, in maglietta corta e a piedi nudi, con le finestre sempre aperte anche d'inverno, quando il termometro è intorno a zero gradi - non resta che coprirci, scaldarci e vestirsi a cipolla e, soprattutto, dare aiuto e riparo ai tanti senzatetto che vivono per strada. Può bastare anche una semplice telefonata per segnalare alle strutture pubbliche chi è in difficoltà.
Comuni, associazioni e volontari, pare, stiano organizzando misure straordinarie per far fronte alla prevista ondata di gelo con ripari utili, con posti letto, pasti caldi, coperte e autobus solidali, anche se tutto ciò risulta alquanto precario e insufficiente e non affronta questo triste problema alla radice.
In una società civile, la condizione di quelli che vengono chiamati barboni, clochard o invisibili, spesso oggetto anche di brutali atti di violenza e di macabri giochi da parte di esseri miserabili, è sempre sotto gli occhi di tutti, col freddo, col caldo o con la pioggia.
La loro sorte di emarginati per scelta, per miseria o per destino, non può e non dovrebbe essere legata soltanto all’emergenza, a gesti di altruismo e all'assistenza volontaria della cittadinanza, ma è un disagio da risolvere con un incisivo piano d'intervento istituzionale.
23 febbraio 2018 (Alfredo Laurano)

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