venerdì 2 febbraio 2018

CINQUE PICCOLI INDIANI, MA NON E’ UN FILM

Lo pensiamo e lo diciamo tutti, lo ripetiamo tante volte, fino allo sfinimento e al ribaltamento dei parametri della coerenza e dell’ umana logica, che non ci conforta e non ci aiuta a capire: è una storia drammatica, più incredibile che vera, più assurda che  inconcepibile, quella di Marco Vannini, il giovane ucciso da un colpo di pistola, il 17 maggio del 2015, mentre era a casa della fidanzata Martina Ciontoli e della sua intera famiglia, accusata di omicidio volontario e tuttora processata, insieme alla giovane Viola, compagna del fratello, imputata di omissione di soccorso.
Un assassinio collettivo, quanto grottesco e paradossale, che sembra quasi uscito dalla penna fantasiosa di Agatha Christie, come nei “Dieci piccoli indiani”, dove ogni protagonista è responsabile di un crimine, che pagherà con la morte. Nel nostro caso, il delitto è unico e reale e i colpevoli dovranno essere puniti come meritano e senza la giustificazione di alcuna “filastrocca dei poveri negretti”.
Un delitto, comunque, consumato secondo i criteri narrativi del cosiddetto enigma della camera chiusa o, nella fattispecie, bagno, casa o altri ambienti, che indica una particolare varietà di romanzo poliziesco, in cui tutto si svolge in spazi e circostanze, apparentemente impossibili.

Da quel genere di letteratura, possiamo certamente catturare ipotesi e suggestioni. Ma non possiamo immaginare, pur condividendo rabbia e voglia di giustizia, quanto quella madre e quel padre stiano soffrendo, da quasi tre anni, e cosa realmente stiano provando sulla propria pelle, ogni giorno, ad ogni udienza, ad ogni trasmissione televisiva, ad ogni notizia o articolo di giornale.
Non possiamo sapere quanto siano stati distrutti prima e devastati poi. Nella testa, nel corpo, nell’anima e nella vita quotidiana. Né, da quanto dolore siano percorsi e quanta disperazione abbiano sentito e sentano, riascoltando infinite volte la registrazione impietosa di quei lamenti, di quelle urla soffocate del proprio figlio agonizzante - che commuovono e sconcertano anche tutti noi - rivivendone lo strazio, l’angoscia e la paura. E’ come uno stiletto che ogni volta ti trafigge e ti attraversa l’anima.
E tutto, all’apparenza, a causa di un “gioco” finito male, di uno scherzo macabro, di un fatale errore, degenerato per irresponsabilità, incapacità e colpevolissima inettitudine.

Nell’udienza dell’altro giorno, hanno testimoniato in aula il medico rianimatore dell’eliambulanza e l’infermiera, intervenuti quella notte, confermando che “Il ragazzo non aveva pressione arteriosa, ma sudorazione importante, presumibilmente dovuta a uno choc emorragico. Marco era molto sofferente e cercava la mamma”. Un’altra coltellata a quei poveri genitori, ormai senza parole, senza lacrime e pensieri.
“È stato angosciante - aggiunge l’avvocato dei Vannini, Celestino Gnazi - apprendere che Marco tentava di alzarsi aggrappandosi a chi gli stava intorno, chiedendo protezione e invocando l’aiuto della madre. 
Quel povero ragazzo non solo era sopraffatto dal dolore della ferita, era anche terrorizzato”.
E Marina Conte, sapendo che, secondo la perizia, il figlio avrebbe potuto salvarsi, se solo fosse stato soccorso e non avvolto in uno sporco straccio di omertà, ordito dai suoi insensibili aguzzini, non si dà pace e mai se la darà.

Il PM, nella sua requisitoria del prossimo 21 marzo, chiederà sicuramente il massimo, per avere forse il minimo di condanna per quei cinque colpevoli che in tutto questo tempo hanno cercato - peraltro a piede libero - di spalleggiarsi, di concordare dichiarazioni, di salvarsi da accuse e responsabilità, alzando un ridicolo muro di imprevisti e casualità, facendo catenaccio e riparandosi dietro un ombrello difensivo, strappato e inconsistente, ma capace di nascondere, confondere, sollevare dubbi e perplessità alla giuria.
Tutto appare così folle e inammissibile, contrario alla ragione, al buon senso, al sentimento di solidarietà.
Come il flop di una fiction mal riuscita e recitata peggio.
30 gennaio 2018 (Alfredo Laurano)


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