Non
ho visto il Festival, ma ho visto Fiorello.
Doveva
agire da “scaldapubblico”, come un borsa d’acqua calda, come una coperta
termica umana, invece ha fatto il mattatore, giocando col
pubblico, con le parole e con la musica. Comico,
cantante, attore, narratore, battutista, istrionico mimo e imitatore, umorista
e conduttore: un vero animale da palcoscenico. Un trascinatore, un dominatore
indiscusso, un artista incontenibile, completo e spumeggiante, che ha tenuto
alto il ritmo e l’attenzione. Che si è preso meritatamente la scena con una
doppia, irresistibile performance.
.
È
Fiorello, lo showman “dalle mille e una dote”, il trionfatore della prima
serata e del boom degli ascolti (11,6 milioni incollati al
video, 51,2% di share), di Sanremo, firmato Baglioni.
Scherza con la cronaca politica e sfida la stupida par condicio, senza peraltro
ossequiarla, provando a vedere quanti votano Pd, 5 Stelle,
centro destra. In Rai tremano.
Battute
a raffica: sul presidente turco Erdogan "che sta venendo a Sanremo perché
ha saputo che ci sono 1300 giornalisti liberi", sul "toy boy di
Orietta Berti", evidente allusione al candidato premier Di Maio, "e
se vince il vertice Rai va a casa", sul "canone che pagano tutti
perché sta in bolletta. Poi esce, ritorna e dice: “Dietro le quinte, ovunque ti
giri, trovi un Pooh, sono dappertutto, come le tasse!”.
Con
il geniale medley di “Capitani Coraggiosi” – canzoni di Baglioni cantate alla
Morandi e viceversa, con i pezzi dell’uno che si fondono in quelli dell’altro –
raggiunge quasi la perfezione, come anche nel mirabile duetto con Baglioni.
Apprezzabile e poetico il
monologo iniziale di Claudio Baglioni, anche se velato di ineludibile
retorica. “La canzoni sono arte povera, ma hanno una forza evocativa
incredibile, solo gli odori hanno la stessa forza. Sono come coriandoli
d'infinito, piccoli istanti di eternità. Sono mare, terra, cielo, neve di sogni
che sembra cadere giù da un altro pianeta. Infatti nessuno sa da dove possano
venire. E in quei secondi fanno piccoli miracoli. Pugni di riso che cuciti
insieme riescono a dare emozione, divertimento, commuovono, emozionano. Le
canzoni sono come l'aria, non si può farne a meno, riempiono polmoni, ci
prendono per mano e ci portano a volare”.
Siamo
d’accordo ma, allora, a che serve quella enorme scala avveniristica, che si
apre e si compone ad espansione, con tanti iper-tecnologici petali di metallico
fiore, come
in un manga giapponese di Jeeg robot?
A
introdurre cantanti e protagonisti scesi da un’astronave?
Ad
avvolgere l’orchestra di bianco vestita, che Fiorello ribattezza “Love Boat”, dove
spicca il maestro Vessicchio, che sfoggia un papillon rosso fiammante, che spopola
sui social in versione Playmobil?
A raccontare l’incontro tra
luce, immagine e architettura (come dice orgogliosamente la illustre scenografa) sul
grande palco dell’Ariston?
A
suscitare sorpresa e stupore negli spettatori e a sedurre la svizzera Michelle
Hunziker, la donna dall’eterno sorriso stampato?
Su quel palco, la città dei
fiori non c’è più ma, per fortuna, Rosario, si.
7. 2. 2018 (Alfredo Laurano)
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