mercoledì 7 febbraio 2018

LO SCALDAPUBBLICO


Non ho visto il Festival, ma ho visto Fiorello.
Doveva agire da “scaldapubblico”, come un borsa d’acqua calda, come una coperta termica umana, invece ha fatto il mattatore, giocando col pubblico, con le parole e con la musica. Comico, cantante, attore, narratore, battutista, istrionico mimo e imitatore, umorista e conduttore: un vero animale da palcoscenico. Un trascinatore, un dominatore indiscusso, un artista incontenibile, completo e spumeggiante, che ha tenuto alto il ritmo e l’attenzione. Che si è preso meritatamente la scena con una doppia, irresistibile performance. 
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È Fiorello, lo showman “dalle mille e una dote”, il trionfatore della prima serata e del boom degli ascolti (11,6 milioni incollati al video, 51,2% di share), di Sanremo, firmato Baglioni.
Scherza con la cronaca politica e sfida la stupida par condicio, senza peraltro ossequiarla, provando a vedere quanti votano Pd, 5 Stelle, centro destra. In Rai tremano.
Battute a raffica: sul presidente turco Erdogan "che sta venendo a Sanremo perché ha saputo che ci sono 1300 giornalisti liberi", sul "toy boy di Orietta Berti", evidente allusione al candidato premier Di Maio, "e se vince il vertice Rai va a casa", sul "canone che pagano tutti perché sta in bolletta. Poi esce, ritorna e dice: “Dietro le quinte, ovunque ti giri, trovi un Pooh, sono dappertutto, come le tasse!”.
Con il geniale medley di “Capitani Coraggiosi” – canzoni di Baglioni cantate alla Morandi e viceversa, con i pezzi dell’uno che si fondono in quelli dell’altro – raggiunge quasi la perfezione, come anche nel mirabile duetto con Baglioni.

Apprezzabile e poetico il monologo iniziale di Claudio Baglioni, anche se velato di ineludibile retorica. “La canzoni sono arte povera, ma hanno una forza evocativa incredibile, solo gli odori hanno la stessa forza. Sono come coriandoli d'infinito, piccoli istanti di eternità. Sono mare, terra, cielo, neve di sogni che sembra cadere giù da un altro pianeta. Infatti nessuno sa da dove possano venire. E in quei secondi fanno piccoli miracoli. Pugni di riso che cuciti insieme riescono a dare emozione, divertimento, commuovono, emozionano. Le canzoni sono come l'aria, non si può farne a meno, riempiono polmoni, ci prendono per mano e ci portano a volare”.

Siamo d’accordo ma, allora, a che serve quella enorme scala avveniristica, che si apre e si compone ad espansione, con tanti iper-tecnologici petali di metallico fiore, come in un manga giapponese di Jeeg robot? 
A introdurre cantanti e protagonisti scesi da un’astronave?
Ad avvolgere l’orchestra di bianco vestita, che Fiorello ribattezza “Love Boat”, dove spicca il maestro Vessicchio, che sfoggia un papillon rosso fiammante, che spopola sui social in versione Playmobil?
A raccontare l’incontro tra luce, immagine e architettura (come dice orgogliosamente la illustre scenografa) sul grande palco dell’Ariston?
A suscitare sorpresa e stupore negli spettatori e a sedurre la svizzera Michelle Hunziker, la donna dall’eterno sorriso stampato?
Su quel palco, la città dei fiori non c’è più ma, per fortuna, Rosario, si.
7. 2. 2018 (Alfredo Laurano)

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