Mancano
solo sessanta giorni alla sentenza Vannini.
Ne
mancano cinquantanove…cinquantotto…siamo a meno cinquantasette…
Come
in un’antica, esasperante litania, recitata tutti i dì, contando fra le dita i
grani di un rosario laico, che, in teoria, scandisce la speranza di giustizia.
Una
profana preghiera, una terapia cronica o un’ambigua medicina, caro amico Marco
De Rubeis, che non mi sento di condividere, nei modi e nel principio, perché
non esprime solo una legittima attesa, non è il persistente countdown della
speranza, come traspare dalle tue pur lodevoli intenzioni, dalla tua assoluta
buona fede e onestà intellettuale, di cui non è lecito dubitare.
Perché
segna, evoca e soddisfa un rito fortemente ansiogeno e giustizialista, che
esalta le tante sedimentate particelle d’odio latente in una comunità ferita, a
stento e con difficoltà sopite, che riemergono alla prima occasione, che
riecheggiano ad ogni spunto di cronaca o di richiamo TV.
Un
conto alla rovescia, incessante e reiterato, che non fa bene a nessuno, anzi sovraccarica di significati estranei all’idea di giustizia,
avvicinandoli a quelli di vendetta, senza aggiungere valori e qualità al conto
della coscienza collettiva e di ciascuno.
L’attesa di una sentenza giusta non può e
non deve essere un’eccezione, una possibilità eventuale o una speranza, né una
battaglia condotta in nome del rancore e del disprezzo o di un sommario credo
popolare, ma la normale espressione del diritto e della civiltà.
(Alfredo Laurano)
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