venerdì 13 ottobre 2017

FRANCA LO ASPETTAVA

Un anno fa, Dario ci lasciava, per raggiungere la sua amatissima Franca, la sua compagna di vita e di battaglie.
Ci lasciava un talento che ha radici lontane e che nella sua lunghissima carriera gli è valso importanti riconoscimenti, ma anche aspre critiche. Di lui, l’accademia svedese il 9 ottobre 1997, nel consegnargli il Premio Nobel della Letteratura, scriveva: "Perché seguendo la tradizione dei giullari medievali dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi". 

Irriverenza che ha condiviso con la moglie Franca Rame, mancata tre anni prima, insieme alla quale ha vissuto in simbiosi non solo la carriera artistica, ma anche le passioni politiche.




FRANCA LO ASPETTAVA
Franca lo aspettava e lui l’ha raggiunta. E’ stato un colpo al cuore aprire oggi sul pc la pagina di giornale: Dario Fo ha lasciato la vita con l'energia e la carica con cui l'ha vissuta. Sento il dolore dentro, in proporzione a quanto l’ho amato. Veramente, una straordinaria avventura artistica la sua, “che ha fatto di tutto per campare". Settantanni d’arte e di cultura, dei novanta vissuti, dominando il teatro, reinventando la satira, la comicità con oltre cento commedie, racconti, romanzi biografici, saggi. Ma anche da attore, scrittore, autore di canzoni, pittore, regista, scenografo, analista politico: un talento infinito che ha fatto di Dario Fo il più grande e famoso artista italiano dei tempi moderni. “Uno che sta dalla parte della gente senza riverenze. Un uomo libero", ha ricordato Carlo Petrini, dopo avergli fatto visita, l’altro giorno.
Che altro dire, scrivere o pensare di questo geniale menestrello che, con la sua stupefacente mimica, con il suo stile beffardo e canzonatorio e con la sua suadente capacità di affabulazione, ha da sempre raccontato il rapporto fra potere, religione e società? Che in una lunga serie di opere, ritratti e personaggi ha rappresentato i grandi temi della nostra quotidianità, anche attraverso la storia, i miti e la leggenda?
Ricordo tutti gli spettacoli di Dario e Franca che ho seguito al Teatro Tenda di piazza Mancini di Roma, negli anni settanta. Da “Mistero Buffo” recitato in “grammelot” - un linguaggio eccezionale che si rifà alle invenzioni dei giullari e alla Commedia dell'Arte, fatto di suoni che imitano il ritmo e l'intonazione di dialetti padani e popolari - a “Morte accidentale di un anarchico”, al “Fanfani rapito”, a “La signora è da buttare”, a “Settimo, non rubare”, a “Pum pum! Chi è? La polizia” … E ricordo, soprattutto, le sue spassose improvvisazioni, i commenti caustici ai fatti del giorno, le parodie, le battute che precedevano, di solito, la commedia. Uno spettacolo nello spettacolo, ogni volta entusiasmante! In ogni passaggio, si coglieva la magia, la spontaneità, la bravura imbarazzante, la vis comica innata, l’ironia pungente, la capacità di coinvolgere gli spettatori e di farli sentire partecipi, amici e protagonisti. Sotto il palco, prima e dopo la recita in programma, Dario e Franca ridevano e scherzavano con tutti noi, fra abbracci e pacche sulle spalle.
I testi erano di satira politica e sociale per un teatro militante e popolare, critico e alternativo, anche nei luoghi in cui si realizzava: piazze, fabbriche, case del popolo e per un pubblico ben diverso da quello tipico dei teatri classici o borghesi. Gli incassi servivano spesso per sostenere la militanza in Soccorso Rosso, che aiutava, anche legalmente, i detenuti della Sinistra extraparlamentare e controllava le loro precarie condizioni carcerarie. Tutta l’opera di Fo è intrisa di valori sociali e libertari, è anticonformista, anticlericale e fortemente critica nei confronti delle istituzioni e della morale comune, sempre attraverso lo strumento della satira feroce che non fa sconti.
La costante opposizione a ogni forma di potere prepotente e vessatorio ha reso Fo, almeno fino al premio Nobel del 1997, un artista particolarmente "scomodo". Non a caso, fu cacciato dalla Rai nel 1962 e poi dimenticato per parecchio tempo. In molte farse, con o senza Franca, si è preso gioco anche del mondo ecclesiastico che non l’ha mai molto amato. Di recente, dando ulteriore prova di onestà intellettuale e del suo spessore umano, il laicissimo Dario Fo, l’impareggiabile buffone che da sempre ha preso in giro Chiesa, potere, papi, presidenti, politici e cardinali, è arrivato, paradossalmente, a schierarsi con il rappresentante massimo della chiesa cattolica, papa Francesco, che in più occasioni ha apertamente criticato il mondo del business internazionale, le banche e i poteri forti, i fanatici del profitto a tutti i costi, i fabbricanti di armi, di guerra, di morte e di violenza. Un uomo che Dario ammirava, in una naturale e non troppo sorprendente vicinanza di pensiero e sentimenti, perché tenta migliorare il mondo e di tutelare i più deboli ed emarginati e che per questo dà fastidio. Come dava fastidio lo stesso Fo, fino a qualche tempo fa.
Addio, incontenibile, poliedrico artista, eterno “giullare”, vanto della cultura italiana. 
Insieme a me, ti piange il mondo. (A. La.) 


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