martedì 3 ottobre 2017

CATALOGNA: PER FARE CHIAREZZA

Come ho chiaramente scritto sui fatti Barcellona, mi riferivo, al di là di giudizi e considerazioni politiche, alla brutale azione della polizia, che ha caricato anche anziani, famiglie e, pure disabili.
Il referendum, per la costituzione spagnola, era illegittimo e illegale, ma la repressione fascista di Rajoy, che ha spedito la Guardia Civil a picchiare i votanti per impedirlo, di fatto, lo ha legittimato, lo ha reso dirimente, anche e soprattutto perché non si è potuto svolgere, democraticamente.
Va, tuttavia, osservato che in tutta la vicenda catalana l’identità nazionale è importante. 
I catalani hanno una loro cultura, una loro lingua, una storia di secoli e tradizioni separate, sono a tutti gli effetti qualcosa di molto diverso, storicamente, dalla immaginaria "Padania" leghista.
Sono lontanissimi della rozzezza e della gretta ignoranza fascistoide e xenofoba tipica della nostra Lega, anche se si può dire che esistano dei teorici punti di contatto tra le due situazioni: i primi sono aperti e accoglienti, mentre i secondi vanno in giro con le corna in testa credendosi dei vichinghi di Bassano del Grappa.
Ma il principio di autodeterminazione dei popoli dovrebbe essere sempre inviolabile e sacrosanto. Specialmente nel caso in cui si tratti di "popoli" reali, ovviamente, non di immaginari "padani".

La Regione è una delle 17 comunità autonome spagnole ed è governata dalla Generalitat de Catalunya, composta da un parlamento che legifera su materie che non entrano in contrasto con la costituzione. 
La Catalogna, inoltre, ha una sua forza di polizia. Manca però un sistema fiscale autonomo,a differenza di quanto avviene per i Paesi Baschi e la Navarra. L’autonomia della regione venne cancellata sotto la dittatura di Francisco Franco che attuò una forte repressione e arrivò anche a vietare l’uso del catalano.

Ben diverso, invece, quello che, fra pochi giorni, si terrà in Veneto e Lombardia, che non hanno certo la storia e la realtà della Catalogna: un referendum consultivo per una maggiore autonomia, non paragonabile al caso catalano. In primo luogo perché si tratta di pronunciarsi sul cosiddetto “regionalismo differenziato”, dal chiaro valore politico, ma con effetti pratici, almeno in questa primissima fase, limitati. 
Diverso, anche perché non maturato in un clima di scontro tra le istituzioni, come invece è avvenuto in Catalogna, ma approvato dal Governo e dalla Corte costituzionale.
I quesiti non mettono in dubbio l’unità nazionale. 

La distanza è anche nella sostanza: i quesiti “italiani” non chiedono l’indipendenza delle due regioni e non mettono in dubbio l’unità nazionale. 
Il modello a cui si guarda è quello delle Regioni a Statuto speciale, già esistenti. E non ci saranno cariche, pestaggi ed aggressioni ai cittadini.
Se, al Nord, c'è stata una fase indipendentista simile a quella che sta vivendo la Catalogna, si è già conclusa. 
La Lega "rivoluzionaria e secessionista" di Umberto Bossi è finita nel 2001 con la Lega "riformista al governo con Berlusconi". 
Oggi Salvini va caccia di voti anche nell’estremo Sud. 
 (Alfredo Laurano)



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