giovedì 2 febbraio 2017

LE MIE MADELEINES

Casualmente, rovistando tra i preziosi e straripanti scaffali di Castroni - tempio delle ricercatezze e delle rarità alimentari - mi è caduto l’occhio su un paio di confezioni trasparenti di Madeleines, soffici dolcetti francesi dalle pance arrotondate a forma di conchiglia, dalla consistenza morbida di piccoli plumcake, dal delicato sapore e dal persistente aroma del fragrante bergamotto. Prendono il nome da quello della cuoca che per prima li sfornò, a metà del settecento. 
Ma non sono famosi tanto per questo, quanto perché omaggiati e raccontati da Marcel Proust, in un famoso brano del suo capolavoro "Alla ricerca del tempo perduto", nel primo volume del romanzo, dove una prosa sognante, l’atmosfera romantica, personaggi nostalgici e l’ambiente ricamato della Belle Époque parigina, che si respira in tutta la Recherche, riflettono un’attualità che trascende il suo tempo e si allaccia direttamente a quella parte spirituale dell’essere umano che non ha età.
La delicata madeleine, inzuppata nel tè, fa rivivere al protagonista momenti dell'infanzia, ormai perduta: quando le mangiava da piccolo, preparate ogni domenica dalla zia Léonie. 
Il turbamento determinato da quel semplice piacere e la necessità di trasformarlo in scrittura, ha dato origine all'intero ciclo della monumentale opera proustiana, dove una prosa sognante, l’atmosfera romantica, i personaggi nostalgici e l’ambiente ricamato della Belle Époque parigina, che si respirano in tutta la Recherche, raccontano un’attualità che trascende il suo tempo e si fonde direttamente con quella parte spirituale dell’essere umano che non ha età.


“Al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”. 

E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. 
Ma nello stesso istante in cui il liquido, al quale erano mischiate le briciole del dolce, raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso. 
Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. 
Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura.” 


Quella delle Madeleines è diventata nel tempo una metafora della memoria involontaria, ampiamente adottata e condivisa, e anch’io, per rispettarla, non ho potuto fare a meno di comprare quel sacchetto, made in France, pensando al Proust fanciullo, come me e come tutti siamo stati.
Anche perché forme, colori, profumi e sapori hanno la naturale facoltà di riportare all'infanzia i ricordi, non solo del grande scrittore, ma di ognuno di noi, pur nelle occasioni più diverse della vita, fra infinite sfumature e personali sensazioni. 
Nel mio caso, il forte richiamo nasce e torna all’antico quando, per caso mi imbatto in pezzetto di strudel casareccio o, soprattutto, nelle rare e vagheggiate frittelle di mele, uvetta e cannella, cosparse di amore e zucchero, che mia madre mi faceva da bambino.
La Recherche, infatti, è un viaggio affascinante nel tempo e nelle reminiscenze di ciascuno, che si snoda tra vizi, virtù e qualche dimenticata dolcezza.
(Alfredo Laurano)




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