giovedì 26 gennaio 2017

SPALARE LA VALANGA

E’ finita l’ansia, l’angoscia e la speranza. Accanto al dolore e allo sbigottimento, resta solo la difficile rassegnazione, non solo di parenti e amici, ma di un intero popolo ferito nella coscienza e nella sensibilità. Oltre alla profonda gratitudine per tutti i soccorritori che si sono prodigati per salvare vite di perfetti sconosciuti.
Non c'è più nessuno da salvare all'hotel di Rigopiano: il bilancio finale è di 29 vittime e 11 sopravvissuti. 
E, mentre qualcuno si rivolge a santi e madonne, pregando e promettendo eterna riconoscenza e devozione per essersi miracolosamente salvato, quelle tante vittime, se potessero per assurdo parlare, esprimerebbero solo rabbia e incredulità per qualcosa di assurdo che le ha rese tali. Qualcosa di imprevedibile, di paradossale e quasi surreale. 

Non sapevano e non sapranno mai che sul loro destino - erano fra le quaranta persone, tra ospiti e lavoranti dell'hotel Rigopiano, pronte ad evacuare, con i bagagli in mano - si è abbattuta una combinazione imponderabile di fenomeni naturali, straordinari ed avversi, ma anche una serie di errori tecnici, burocratici e umani che si sono accavallati in poche ore, nei giorni precedenti e in quelli successivi, fino a determinare insieme la tragedia di quel disgraziato resort, sotto la montagna. 
Non potranno mai chiedersi, come stiamo facendo tutti noi, se le cose sarebbero ineluttabilmente andate così o se qualcosa si sarebbe potuta fare, quanto meno per limitare i danni.
Se tutte le procedure previste dalla legge e dalla buona amministrazione fossero state attuate con rigore e precisione, quella massa di 120mila tonnellate di neve, ghiaccio, fango, rocce, tronchi e detriti forse si sarebbe abbattuta, a oltre cento chilometri all'ora, su un albergo ormai vuoto di persone.
Ora, a tragedia consumata, restano solo le accuse, le critiche, le polemiche e le inchieste della magistratura sulle responsabilità, sulla leggerezza, sulla superficialità nella gestione dell’emergenza, sull’ inefficienza e inadeguatezza della macchina dello Stato.
Quello che al momento appare certo e indiscutibile - secondo geologi ed esperti del settore - è che quell’edificio non doveva essere lì, non doveva essere costruito, e poi ristrutturato, alla fine di quel lungo canalone, proprio sotto il monte, anche perché era rimasto già isolato per neve, meno di due anni fa, e rifornito di viveri e generi vari da elicotteri.
Le nevicate eccezionali ormai sono previste e annunciate con anticipo dai servizi meteo ma, ciò nonostante, tanti paesi, case e frazioni rimangono isolati e senza luce, come è accaduto in questi giorni, in quelle zone. Non esiste ancora una cultura preventiva che riguardi programmi, mezzi adeguati, manutenzione e interventi, prima di precipitare nell’emergenza.

Il terremoto, “in onda” dal 24 agosto scorso nel centro Italia, stavolta, ha prodotto ulteriori crolli, ma non ha fatto morti. Solo qualche persona ha rischiato perché non è potuta uscire di casa, imprigionata da muri di neve sulla porta. 
Ma le vittime ci sono state, comunque, perché qualcuno non ha liberato in tempo le strade da metri di neve, perché non aveva gasolio nella turbina o era in riparazione.
(Alfredo Laurano)

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