domenica 22 gennaio 2017

L’ONDA ROSA

Due, in estrema sintesi, i modi scelti per contestare Donald Trump, appena diventato 45esimo presidente degli Stati Uniti: da una parte i Black Bloch che hanno sfasciato le solite vetrine e vandalizzato tutto ciò che fosse a tiro, dall’altra, sull'onda dei social media, la marcia pacifica di mezzo milione di donne su Washington, animata da cittadine e femministe di ogni età e condizione, sostenuta da celebrità come Madonna, Jane Fonda, le attrici Scarlett Johansson e Charlize Theron, De Niro e il regista Michael Moore.
Una delle manifestazioni più massicce della storia americana contro il sessismo dichiarato del “banana bionda”, contro le discriminazioni di genere e in favore dei diritti delle donne, ma non solo. Un lungo fiume di persone che si riversa verso la Casa Bianca e che segnala le divisioni di un Paese con cui il nuovo leader dovrà fare i conti, visti gli alti livelli di sfiducia dell'opinione pubblica, forse mai raggiunti nel passato, se non all’epoca del Vietnam. 
La protesta, simbolizzata da un mare di cappelli e berrettine rosa, va in scena non solo negli Usa, ma anche in tante altre città del mondo, da Londra a Sydney, da Roma a Berlino, da New Delhi a Cape Town, da Madrid a Parigi e Barcellona. 
“Non sei il mio presidente”, “l'America non sei tu". "Resisteremo, battendoci": due milioni e mezzo di manifestanti hanno invaso le strade di mezzo mondo e ferito pesantemente l’orgoglio del neopresidente.
Il discorso inaugurale di Trump, banale, scontato, rabbioso e preoccupante, ha dato il tono di quel che sarà, o potrebbe essere, la sua presidenza. Parole rivolte al suo elettorato e all’americano medio, di un certo livello culturale, cui sa rivolgersi in modo semplice e incisivo. 
“Il potere torna al popolo”, “compra e assumi americano”: un comizio, più da campagna elettorale che da insediamento, inneggiante ai dazi e all’autarchia, al culto del profitto e del risanamento patriottico-economico, orgogliosamente populista, fortemente nazionalista e determinato a rompere con l'eredità del suo predecessore democratico. A cominciare dal suo primo atto in carica, l’affossamento di una legge simbolo della presidenza Obama, l'Obamacare, che garantisce una copertura sanitaria generale. 
Questo, subito al via, tanto per cominciare bene, poi, si occuperà di muri, confini, immigrazione, messicani e terrorismo. 
Facciamoci stupire, se non sedurre, dalla megalomania del presidente miliardario e dalla sua fascinosa first lady da tabloid, così per niente americana, che già ci fa rimpiangere la fantastica Michelle.
(Alfredo Laurano)


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