giovedì 30 luglio 2020

MOGLIE DI CARABINIERE /2080

“La nostra storia ha commosso il mondo” – dice Rosa Maria, la giovane vedova del carabiniere Mario Cerciello Rega, ucciso un anno fa a Roma, con undici coltellate, da due ragazzi americani, ora a processo. 

“Ho ricevuto tantissimi messaggi e lettere di solidarietà da migliaia di persone, che mi danno conforto, oltre ai vili e ignobili insulti di altri individui che mi fanno orrore.
Nell’intervista di grande intensità rilasciata a Raiuno, il suo volto è scavato dal dolore, il suo sguardo, i suoi occhi – a volte persi nel vuoto di un’insopportabile sofferenza – sembrano guardare lontano, cercare il volto sorridente e quegli occhi azzurri e buoni di quel giovane che amava e che aveva sposato solo un mese prima del barbaro assassinio. Di quel giovane carabiniere, con la divisa cucita addosso, che credeva nella sua missione, che voleva proteggere la gente, che aveva dato tutto per onorare l’Arma e inorgoglire la sua famiglia e la sua compagna. 
Che oggi piange e ne ricorda il carattere, la bontà, la semplicità, la genuinità, lo spiccato senso del dovere. Come rivive i sogni che avevano cullato, i possibili figli che non hanno potuto avere, i momenti di lontananza per motivi di servizio, che hanno sopportato. 
Si intuisce lo sforzo per trattenere le lacrime, che cede a un abbozzo di sorriso, che le illumina il volto, quando racconta il suo Mario, del suo amore strappato e dilaniato da una lama di diciotto centimetri, una sera di luglio di un anno fa. 
È una ragazza forte, determinata e lucida, Rosa Maria, anche se non si da pace. Sa quel che dice. Parla con precisione e compostezza, senza abbandonarsi alla retorica e al compiacimento patetico nel suo ruolo di donna offesa ed umiliata nei sentimenti. Anche il suo linguaggio non verbale trasmette una totale condivisione, una spontanea empatia, un’incredibile onda emotiva che colpisce chi l’ascolta. 
Commuove e lascia il segno. 

Esattamente come, in senso opposto e ripugnante, colpisce la vicenda di Piacenza e di quegli uomini bastardi che indegnamente indossavano la stessa divisa, non certo “cucita addosso”, ma disegnata e sfruttata per meglio delinquere e per disonorarla. 
Quelle iene non sono “carabinieri che sbagliano”, ma camorristi criminali, travestiti per perpetrare le gesta di Gomorra. Sono rifiuti umani che offendono, oltraggiano e vilipendono tutti quelli che si sacrificano e rischiano la vita per difendere persone e istituzioni. 
E spesso la perdono.  24 luglio 2020 (Alfredo Laurano)

 


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