mercoledì 22 luglio 2020

LA FESTA DEI RICORDI /2066

Per questo undici luglio, cara compagna mia, niente feste e cene con amici, fuochi d'artificio, balli, parate, buffet e barbecue, giochi e concerti. Niente baci, candeline e abbracci collettivi: lo impone un micidiale giustiziere detto Covid.
Solo un frugale pranzetto familiare nella quieta campagna cerveterana, da Tiziana.
E allora, quale migliore augurio, una scelta a riveder le teche dei tuoi momenti belli e indimenticabili, velati di passioni antiche e sana nostalgia.
Un percorso di emozioni, di pathos e batticuore.
I ricordi sono il profumo delle nostre esperienze, cartoline e lettere firmate che abbiamo spedito al nostro futuro.
Luoghi, tempi, sensazioni, impressioni, desideri, suoni, immagini, colori e sapori raccontano la vita di ciascuno, attraverso un semplice click, uno scatto, un fotogramma. Perché fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore. È un modo di vivere, secondo Henri Cartier-Bresson.
Sono ciò che rimane, soprattutto quando col tempo la verità sfugge al presente, si trasforma in passato e si proietta al futuro: gioia, dolore, ansie e trepidazioni si vestono di commozione e diventano sogni, speranze, chimere o magnifiche illusioni.
La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro, diceva Schopenhauer, leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
Anche perché la vita è bellissima! La vita è meravigliosa!
Anche se non ci appartiene.
Ne siamo così certi, soprattutto quando, come oggi e come è stato nei secoli, è messa in discussione da uno sconvolgimento epocale e planetario che ci ricorda la nostra assoluta impotenza? E non solo per la sua caducità e fuggevolezza, che ci costringe a cercarne vanamente un senso.
Per qualcuno, certo lo è, almeno nella forma e nella modalità sociale ed immanente, anche se trattasi pur sempre di un transito, più o meno lungo: da quando si apre a quando si chiude il sipario dell'apparizione sulla scena di un mondo del tutto sconosciuto.
Ma la parte che, inspiegabilmente e non per nostra scelta, siamo chiamati e costretti a recitare in quel teatrino anonimo è comica o banale, brillante o drammatica, tragica o all'italiana, assurda o come viene, secondo le inesistenti regole della casualità.
Nel quotidiano carosello dell'esistenza cerchiamo a stento di colmare il vuoto nella nostra intimità, con le cose e i sentimenti, che poi si trasformano in ricordi, nell'insensata illusione della immortalità. Tra miseria e nobiltà, tra amore e odio, tra solidarietà e indifferenza, tra libertà e oppressione.
Non possiamo scendere da questa assurda giostra spietata e disumana, dove tutto oscilla e tutto contraddice, ma possiamo rinunciare ad averne titolo e cittadinanza. Siamo o possiamo dichiararci prigionieri politici di un mondo che non ci appartiene.

Credo che non si tratti di recite e di volubili scenari, ma di necessità biologiche e vitali. Non scegliamo noi i nostri geni, la nostra presenza su quel palco, in un ambiente che, sempre casualmente, ci condiziona ed è già apparecchiato ad arte, da un dio o da un platonico demiurgo, prima del nostro insignificante arrivo.
Non brilliamo di luce propria, ancorché variabile, come le stelle, né scegliamo una ribalta per apparire: ce l'impone la natura, il cui disegno è affascinante, suadente, ma pur sempre imperscrutabile.
Solo l'educazione e la cultura ci aiutano nel difficile cammino e ci illudono di non essere solo un invisibile granello nell'economia dell'universo.
Anche se, talvolta, può sembrare salutare guardarsi dentro, scostando un po' il tendone personale che ci veste, ci avvolge, ci comprime e ci nasconde, per scoprire, da spettatori, l’effetto che fa, la tragicomica commedia della nostra stessa esistenza. 

Un famoso brano degli anni sessanta recitava: "Han spento già la luce, son rimasto solo io e mi sento il mal di mare, il bicchiere però è mio, cameriere lascia stare, camminare io so. Guardo lassù la notte, quanto spazio intorno a me, sono solo nella strada o no, qualcuno c’è?"
Ognuno, poi, si cerca una risposta e decide che la vita, forse, è bella, bellissima, meravigliosa, epica o gagliarda.
Ma inutile di fronte alla cinica apatia dell’universo.
Auguri comunque e nonostante tutto, felice di essere ancora con te, vicino a te.
11 luglio 2020 (Alfredo Laurano)

Nessun commento:

Posta un commento