venerdì 2 giugno 2017

LA FAVOLA DI VITTORIO

L’eco del saluto di Totti al mondo del pallone non si è ancora spenta e l’emozione popolare che ha scatenato permane nel cuore di centinaia di migliaia di tifosi e di italiani, che hanno sofferto e pianto, versando fiumi di lacrime d’affetto.
Quel crudele addio, imposto dal tempo e dall’anagrafe, è stato, comunque, una forzatura, un obbligo previsto e ineluttabile, ma non voluto, che, obtorto collo, si è dovuto accettare: sia da parte del non rassegnato popolo giallorosso, che dal suo idolo fatto in casa.

Ma perché tanto clamore, tanta commozione, tanto spazio, tanti servizi, articoli, commenti e video storici che hanno intasato il Web, le TV e i telefonini? - si domanda qualcuno, con fastidio e malcelato cinismo e, in qualche caso, con taglienti punte di invidia, di rabbia e gelosia. “Fatele finita co ‘sto teatrino dei ricordi, co sta farsa dei sentimenti, siete ridicoli”.
Semplicemente, perché quella di Totti è ed è stata una straordinaria storia d’amore, prima di essere la storia del talento, di un fuoriclasse dello sport, di un bravo ragazzo ricco di valori e umanità. E questo, inutile ribadirlo, lo sanno tutti: sportivi, tifosi, compagni, avversari, laziali e insensibili compresi.

Un amore, reciproco e incondizionato, verso una maglia, verso una bandiera, verso la città di Roma, da parte di Francesco, che tutti hanno ricambiato, “esclusivizzato”, esaltato alla massima potenza. Una simbiosi totale che gli ha dato la consapevolezza di essere amatissimo, di avere un posto importante nel cuore della gente. Che lo ha fatto rinunciare a ben altri onori e gloria, a cambiare squadra, a vincere tante coppe e trofei, a guadagnare sempre di più, ma al prezzo di non essere più amato, come nessuno ama Ronaldo, Messi o Ibraimovich. Perché Totti e la Roma sono una parola sola.

Testimonianza esemplare di tanto sentimento è la storia di Vittorio, romantico tifoso di 83 anni che da settanta non manca mai allo stadio, per seguire la sua Roma: “non ho parenti, sono morti tutti, m’è rimasta solo la Roma e sono ancora un vecchio curvarolo”.
Vive a Trastevere, dove tutti lo chiamano “Manfredina”. I suoi due fratelli purtroppo non ci sono più. Non si è mai sposato e la squadra è tutta la sua vita.
La sua piccola casa è una specie di museo: un’intera stanza è dedicata alla sua Roma e, in particolare, a Francesco Totti, di cui ha libri, storie, album e statuine. Poi, sciarpe, bandiere, fotografie, riproduzioni, oggetti e cimeli di ogni genere.

E domenica mattina, prima dell’ultima partita di Francesco e del campionato, il vecchio e piccolo Vittorio ha ricevuto un premio assai speciale, ha realizzato un sogno.
Come riconoscimento a tanta fedeltà, è stato invitato a Trigoria, ha conosciuto personalmente la squadra e, soprattutto, il suo cocchetto, che gli regalato la sua maglia autografata e lo ha abbracciato, con affetto, come un nonno. Una emozionante incontro che Vittorio non dimenticherà mai e che, certo, meritava.
Poi, come sempre allo stadio, a omaggiare l’ultima di Totti, fra centomila voci che lo hanno fatto innamorà.
2 giugno 2017 (Alfredo Laurano)

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