giovedì 8 giugno 2017

DISTRAZIONE FATALE

C’è chi abbandona un figlio nel cassonetto, chi lo lancia dal balcone, chi lo dimentica in macchina, come una borsa, un ombrello o la busta del pane.
Poi c’è pure chi non ricorda dove ha parcheggiato l’auto e, magari, pensa che gliel’hanno rubata. Con o senza bimbo all’interno, con o senza cane, in attesa, a far la guardia. Ma questo, al confronto, è un peccato assai veniale.
Capisco bene che non è la stessa cosa, che sono casi ben diversi, ma c’è qualcosa che, comunque, li accomuna: la dimenticanza, il vuoto di memoria, la distrazione fatale, l’assurdità del fatto, la difficoltà di capirlo dall’esterno e di valutarlo.

Ma si può veramente dimenticare un figlio in auto? Come una valigia sul treno o il giubbetto al ristorante? Solo il telefonino, come il primo amore, non si scorda mai.
Pare proprio di sì, anche se son casi limite e ce lo spiegano i soliti esperti, chiamati a giustificare i comportamenti umani.
Stress, lavori usuranti, problemi familiari, sentimentali o economici, beghe di lavoro, angosce esistenziali, vita difficile, stanchezza fisica, insonnia, fragilità emotiva e psicologica: sono tanti gli elementi che, proditoriamente, possono causare un black out del cervello, spegnere la luce della ragione e della vigilanza, sclerotizzare le sinapsi di alcuni nostri stanchissimi neuroni.

Un’altra creatura di un anno e mezzo, dimenticata dalla mamma per cinque ore, chiusa nell'auto sotto il sole, in provincia di Arezzo, è morta “arrostita” quando l’ossigeno è finito. "Non mi sono accorta di niente, non l'ho proprio vista" ha detto tra le lacrime e sotto choc la donna.
Un altro figlio “cancellato” dalla mente di un genitore che, convinto di averlo accompagnato a scuola o al nido, come sempre, se ne va tranquillamente al lavoro.

E prima di lei molti, troppi altri bambini sono morti così, stupidamente, per “dimenticanza”. Per automatismo e ripetitività dei gesti, dati per scontati, E invece i piccoli erano rimasti in auto, a dormire sul seggiolino. In silenzio, con la vita che nel calore scivolava via.
E’ successo di recente a Lecco, a Catania, a Passignano, a Teramo, a Livorno: sempre con le stesse modalità e con la stessa inaccettabile fine: morte per ustioni, disidratazione e arresto cardiaco.
E’ difficile ammetterlo - dicono sempre i soliti esperti - ma può succedere a chiunque.

E ovvio che, per un genitore, questo solo pensiero devasta la coscienza e, se e quando la tragedia accade, non c’è pena maggiore da scontare che quella dell’eterno rimorso.
Anche se il padre di Luca di due anni, di Piacenza, è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo, grazie a una perizia psichiatrica che lo giudicò “incapace di intendere e di volere” perché colpito da “amnesia dissociativa”.
A volte, ricorrendo all’irriverente paradosso, potrebbe bastare un semplice post-it sul cruscotto per salvare la vita di un bambino.
  (Alfredo Laurano)


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