venerdì 16 giugno 2017

BOMBA O NON BOMBA

La povera Erika, morta ieri a Torino, dopo dodici giorni di agonia, non è stata uccisa dalla stupida folla in preda al panico, ma dal comportamento sicuramente irresponsabile e imperdonabile di qualcuno.
La Procura sta lavorando sull’evento che ha scatenato il panico e la fuga dei 30mila tifosi, durante la proiezione della finale di Champions, fra Juve e Real Madrid. Il fascicolo è a carico di ignoti.
Tra i vari testimoni, c’è chi pensa di aver sentito un boato, chi avrebbe sentito gridare, come da prassi, “Allah Akbar”. Per altri, l’isteria collettiva sarebbe stata provocata da una sostanza urticante, perché molti hanno raccontato di aver avuto difficoltà a respirare.
Secondo altre ipotesi, qualcuno potrebbe aver letto sullo smarthphone la notizia dell'attentato a Londra e capito, invece, che stava succedendo lì, a Torino, lanciando l’incauto allarme nella piazza. Un colpevole fraintendimento.
O qualche idiota, più idiota del lecito, avrebbe potuto simulare un attacco terroristico “per vedere l’effetto che fa”.
È abbastanza ovvio capire che un gesto, una frase, un movimento anomalo di un normale cretino o di un pazzo esaltato o brillo, in un certo contesto di tensione e di timore, possa scatenare un putiferio, determinare una possibile strage.

La vittima di tanta follia, originaria di Domodossola, non era nemmeno tifosa della Juventus: era in quella piazza San Carlo per far compagnia al fidanzato.
Travolta dalla gente in fuga, intrappolata tra la folla che la schiacciava contro un muro, aveva avuto un arresto cardiaco a causa della compressione della cassa toracica.
Il suo cuore si è fermato per diversi minuti e quando sono arrivati i soccorsi la donna aveva ormai riportato gravissimi danni neurologici, a quanto pare irreversibili.
E quella che doveva essere una festa dello sport si è trasformata in tragedia, che avrebbe potuto avere esiti ben più gravi.
“Una bolgia umana, dove tutto era disorganizzato, spazi compressi, nessun controllo, venditori abusivi, bottiglie dappertutto. Siamo un Paese così” - dice il fidanzato, cui, durante le lunghe veglie al capezzale di Erika, hanno rubato anche il telefonino in cui c'erano le ultime foto scattate insieme, gli ultimi messaggi, gli ultimi ricordi - “non abbiamo imparato nulla: bastava copiare quello che avevano fatto gli spagnoli con la proiezione della partita dentro lo stadio”.

Fa veramente rabbia pensare che si possa perdere la vita per colpa di qualche pazzo irresponsabile che ha provocato la fuga irrazionale di una folla impazzita di paura, che pensa soltanto a salvarsi, travolgendo e calpestando chiunque o camminando sugli altri caduti.
In quei momenti, prevale l’egoismo, sparisce il senso di solidarietà e non si pensa ad aiutare nessuno. Salve alcune lodevoli eccezioni, come quei pochi che hanno salvato il bimbo cinese, ricoverato in rianimazione e poi dimesso, e qualcun altro schiacciato dalla mandria umana.
Bomba o non bomba, un procurato allarme c’è comunque stato.
E qualcuno quel panico l’ha causato. 
E quel qualcuno quella giovane donna l’ha ammazzata. (Alfredo Laurano)

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