domenica 11 giugno 2017

IN PARATA

In Italia, e anche nel mondo, è sempre tempo di riti e di parate: storiche, sportive, marziali, politiche, religiose, di folclore e tradizione. Tutte condotte con fierezza, con orgoglio e con qualche rivolo di fluttuante vanità.
Pochi giorni dopo la rivista militare del due giugno, è in corso a Roma quella del Gay Pride. E’ la storica parata per la rivendicazione dei diritti delle persone Lgbt - lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali.

Nel lungo percorso, sfila un concentrato di allegria, musica e colori tra bandiere, striscioni, parrucche, costumi e carri allegorici.
Da Piazza della Repubblica si arriva a Piazza della Madonna di Loreto, dove il bus inglese a due piani del coordinamento Roma Pride si trasforma in palco per gli interventi politici.

La manifestazione da oltre venti anni porta al centro dell’agenda politica e all’attenzione popolare i valori di laicità, i diritti alla parità, alla salute e alla libertà di tutti, per contribuire a cambiare radicalmente la cultura omofoba, i pregiudizi morali e le discriminazioni sociali e di genere del nostro castigato Paese.
L’unica cosa, però, che ancora non capisco è perché tutto questo debba trasformarsi in una esagerata messa in scena, in un discutibile spettacolo di attrazioni circensi di scarsa qualità e in un appariscente sfoggio di chiappe e di esibizionismo: ossia in un folle, prosaico Carnevale.
Come quello di Rio, ma senza la sua eleganza, la sua fantasmagoria.
E senza nemmeno le Scuole di Samba o le nostrane Frecce Tricolori.
 10 giugno 2017 (Alfredo Laurano)

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