domenica 3 luglio 2016

QUANDO IL CARATTERE NON BASTA

E’ chiaro, di fronte all’ennesima strage di italiani e stranieri, consumata a Dacca poche ore prima dal terrorismo islamico, l’uscita dagli Europei di Francia della nazionale italiana è un fatto poco importante, fa meno notizia, appare meno grave e più accettabile. Anche se dispiace e fa un po’ rabbia.
Fuori ai rigori con la Germania, in una sfida storica e infinita, dopo aver tenuto testa per 120 minuti  ai campioni del mondo.
Secondo molti esperti e tecnici, gli azzurri hanno disputato una partita impeccabile. La conclusione ai rigori è stato l’epilogo logico di una partita che si è giocata a lungo a scacchi tra due squadre che si sono fortemente temute.
Insomma, è stata comunque una grande Italia. La Germania non ha dilagato, non si è vista una differenza incommensurabile tra i campioni del mondo e i nostri ragazzi. La nazionale operaia ha tenuto, i giocatori si sono stretti l’uno all’altro, il solito muro eretto dalla difesa è diventato insormontabile, anche per giocatori di grande fama internazionale. Poi è andata come è andata.
Esultano i tedeschi, che per la prima volta nella storia riescono finalmente a eliminare l’ltalia in una gara ufficiale, escono a testa alta gli uomini di Conte che abbandonano la scena consci di aver dato davvero tutto.
Peccato, ma è stato quasi bello.

Sono in parte d’accordo.
Considerando anche le precedenti partite con Belgio, Svezia e Irlanda - dove i risultati sono stati favorevoli per varie ragioni - bisogna chiedersi: sono sufficienti in una squadra l’impegno, la determinazione, la forza del gruppo per vincere le partite ed i tornei?
Credo di no.
Non possono bastare il grande cuore, la compattezza, la determinazione, lo spirito di sacrificio, il senso tattico, le corse, le rincorse e il contropiede.
Non basta opporre resistenza, creare o mantenere una superba linea Maginot di ottimi difensori, quasi insuperabili.
Non basta correre a perdifiato per due ore, finendo stremati e privi di lucidità per calciare una serie di rigori. Anche se, stranamente, i telecronisti vedevano e dicevano stanchi i tedeschi…forse assistevano a  un’altra partita!
A pallone, conta anche la tecnica, bisogna anche inventare, costruire gioco, creare trame, osare…e saper tirare dal dischetto con serietà, non danzare a cento passettini prima di calciare, come ha fatto il limitato Zaza, o  fare il teatrino gestuale per deridere il portiere, come il ridicolo Pellè. Entrambi hanno infatti fallito.
Da questo punto di vista, la nostra è una squadra mediocre: tolti Buffon, i tre difensori centrali migliori del mondo, De Rossi, Florenzi, Candreva e pochi altri, nessun’altro sarebbe convocato in un'altra nazionale di prestigio. Molti non sanno stoppare una palla e sono privi di visione di gioco. Manca un “creativo”, un Totti, un Del Piero, un Pirlo, qualcuno che lo sappia fare con naturalezza e per talento.
In ogni caso, non c’è molto da rimproverare, né da recriminare: in sintesi, la Germania ha giocato, l’Italia ha partecipato. La prima ha meritato la vittoria,
L’Italia, senza i Marchisio, i Verratti e i De Rossi infortunati,  è andata oltre ogni aspettativa, mettendo in ansia anche la nazionale più forte del mondo in questo momento, rispondendo alla non eccezionale qualità tecnica con la tattica, l’organizzazione, la passione, la voglia di fare e di stringere i denti. Forse, di più non si poteva fare.
Così è il calcio, con le vittorie e le sconfitte, con gioie e con dolori, esaltazione e delusioni, ma pur sempre una fabbrica infinita di emozioni.  Con qualche rammarico di troppo.
 3 luglio 2016 (Alfredo Laurano)

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