sabato 23 luglio 2016

CHI DICE D'ANNA DICE DANNO

Ha cambiato più casacche politiche dello straordinario trasformista Arturo Brachetti che, però, lo fa per mestiere. E con successo.
Ex berlusconiano, verdiniano, ora renziano, ex democristiano autoproclamatosi liberale, cosentiniano e quindi “garantista”, Vincenzo D’Anna è quel senatore che qualche tempo fa, all’Osteria-Senato, mimò un rapporto orale alla Barbara Lezzi e  indicò, con entrambe le mani, le proprie parti intime, per solidarietà col suo compare Lucio Barani.
Fu anche quello che definì Saviano farlocco e che gli si doveva togliere la scorta. Magari per assegnarla a salvaguardia delle sue stupide e ignobili cazzate, che di solito recita e pronuncia. Anche se non è certamente il solo, in quel forbito e fluente eloquio.

Ieri, ha dato vita a un ennesimo siparietto che ha creato non poche polemiche in  quell’Aula, ormai diventata osteria del trivio o bar dello sport.
Stavolta, ha avuto un attacco di goliardite acuta: ha infatti definito i Cinque Stelle "vergini dai candidi manti, rotte di dietro, ma sane davanti", rifacendosi alla famosa "Ifigonia in Culide", poemetto ironico, capolavoro post sessantottino della goliardia, che fa il verso alla tragedia di Euripide "Ifigenia in Aulide", che tutti abbiamo letto con piacere ai tempi dell’università. Personalmente, all’epoca, ne avevo preparato un adattamento per rappresentarlo in teatro, con amici.
La senatrice Pd Guerra, gli si è rivoltata subito contro, accusandolo di "maschilismo e sessismo becero". Poi è stato attaccato da altri e, perfino, richiamato da Gasparri, presidente di turno!
Con i suoi commenti volgari, violenti, offensivi, cinici e misogini, il verdiniano senatore è anche il prototipo dei nuovi Padri della Patria, quelli che hanno contribuito a scrivere la nuova Costituzione, che sarà sottoposta a referendum.
22 luglio 2016 (Alfredo Laurano)


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