domenica 17 luglio 2016

COSE TURCHE

Non sono un esperto di cose turche, né, tanto meno, un analista politologo, ma sentir parlare di “democrazia salvata e legalità ripristinata”, in Turchia, dopo 265 morti, centinaia di feriti, oltre 2.800 militari arrestati, 2.745 giudici rimossi e una decina di magistrati fermati, mi suona strano nella testa. Tutto fatto e disfatto in poche ore.
Sembra essere più una resa dei conti che un improvviso e inverosimile tentativo di colpo di stato.
Questo golpe, così poco convincente e dai contorni quasi amatoriali, che ha visto occupare e, quasi subito, liberare i centri del potere e della comunicazione - mentre Erdogan era in gita aerea precauzionale - sembra più un’operazione studiata, organizzata e messa in atto dallo stesso presidente e dal suo entourage.
Una manovra sanguinaria che gli ha consentito di fare subito quelle "pulizie" che non avrebbe mai potuto fare, senza doverle spiegare, anche ai paesi alleati e alla EU. Ora non ha bisogno di spiegare niente. Ora non c'è più nessuno a contrapporsi alla sua ulteriore deriva autoritaria.
Sul fronte interno, le inclinazioni dispotiche e antidemocratiche di Erdogan ora avranno piena legittimazione - già si parla di ripristino della pena di morte per i golpisti che, forse, spariranno e noi non ne sapremo nulla -  e molti temono una ulteriore spinta verso l'islamizzazione della Turchia, paese laico con il 98% di musulmani.

Quasi tutti condannano l’azione tentata dell'esercito, immediatamente repressa dal popolo democratico e dalla fedelissima polizia, ma continuano a tacere sul golpe che Erdogan continua a portare avanti.
Vende armi al califfo in cambio di petrolio, fa incarcerare come traditori i giornalisti che documentano tale accordo, con l’accusa di spionaggio e terrorismo e chiude tre giornali. 
Soffoca manifestazioni pacifiche di piazza con l'uso della forza. 
Spara a vista ai profughi siriani, lungo il confine. Rompe la tregua con i curdi, arsi vivi, bombardando le postazioni in Iraq e in Siria, da cui cercano di combattere l'Isis e con una serie di leggi liberticide  massacra tutto il Kurdistan. 
Sospende l'immunità parlamentare, mettendo i deputati delle opposizioni sotto il ricatto dell'arresto.

Erdogan - l'uomo della repressione - rivendica il suo stato di premier liberamente eletto.
La democrazia vale all'occorrenza, tra un'oppressione e un'altra. E’ un'altra prova del regime che vige in quel Paese. Il potere esecutivo e quello giudiziario sono già nelle sue mani manca solamente quello legislativo.
La situazione è confusa, ma il fallimento del colpo di stato e il suo ritorno dalla passeggiata nei cieli della mezza luna, dopo i fatti della notte, non sono una buona notizia per la stessa democrazia e per i suoi oppositori. Tutto sembra contribuire a  rafforzare e blindare il suo potere.

17 luglio 2016 (Alfredo Laurano)

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