mercoledì 13 luglio 2016

BINARIO, TRISTE E SOLITARIO

Come sempre e come al solito, dopo il disastro, partono le polemiche, le inchieste, le ricerche di responsabilità, le commissioni, le chiacchiere infinite. Le ragioni, da raccontare all’opinione pubblica turbata, che possano spiegare, o far digerire, l’ennesima sciagura. Non certo giustificarla.
E arrivano, al tempo stesso, le solenni dichiarazioni, le promesse, la ferma volontà delle istituzioni e del governo: “cercheremo i colpevoli… chi ha sbagliato pagherà… non ci fermeremo… mai più queste catastrofi!”. Esattamente, come dopo il naufragio della Costa Concordia, il rogo della Tyssen, la strage di Viareggio e via ricordando.
E tutti noi, sconcertati e costernati, esprimiamo solidarietà, commozione, partecipazione e doniamo sangue. E’ un rito ormai consolidato che fa parte della quasi quotidianità e dell’assuefazione alla tragedia. Come fosse una calamità naturale.

A Corato, due treni impennati, sbriciolati e accartocciati su un binario unico.  Nascondono centinaia di persone e di corpi altrettanto incastrati. Quelli lontani dalle vetture di testa sono stati fortunati e, in qualche modo, sono riusciti a uscire indenni dai quei vagoni maledetti.
Scene spaventose e allucinanti raccontate, fra lacrime e sudore, dai soccorritori che, per lunghissime ore e in condizioni impossibili (tute, caschi e misure di sicurezza), hanno scavato e cercato, fra i detriti, i rottami e le lamiere arroventate da una temperatura di 40 gradi, superstiti e persone ferite e sanguinanti, tra tanti morti, che chiedevano aiuto, che piangevano terrorizzate.
Su quel binario solitario non c'è automatizzazione, ma è previsto un sistema a chiamata tra le stazioni: il cosiddetto “blocco telefonico”. Le stazioni avvisano dell'arrivo dei treni e trasmettono con dispaccio le informazioni ai macchinisti: una delle due stazioni potrebbe non aver bloccato uno dei due treni o uno dei due non ha ricevuto o rispettato il blocco.

Uno scontro frontale fra due treni locali che viaggiano su rotaia unica e dimenticata, oggi, non si riesce proprio a concepire: le automobili si guidano da sole, i robot esplorano campi e luoghi d’ogni tipo e pericolo, i droni riescono a colpire con precisione chirurgica obiettivi a migliaia di chilometri di distanza. Solo in campo ferroviario si usano ancora sistemi arcaici di segnalazioni di sessant’anni fa e non si riesce ad impedire che due convogli si scontrino su un binario solo, triste e solitario, che ancora, largamente esiste nel sud d’Italia e in buona parte della Puglia.
In quel profondo Sud ma, in qualche caso, anche nel profondo Nord, scopriamo che non esistono tecnologie, quasi elementari, e automatismi che possano prescindere da una dimenticanza, da una leggerezza  o dall’errore umano ed evitare catastrofi e disgrazie.
E vogliono ancora realizzare il Tav! Un'opera costosissima di alta velocità, inutile e superflua, quando una parte dell’Italia, soprattutto il Mezzogiorno -  terra di sprechi, di mafie e clientelismo - si ritrova con infrastrutture ferroviarie da paesi del terzo mondo.
13 luglio 2016 (Alfredo Laurano)




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