giovedì 16 aprile 2015

MONOPOLI

Padre padrone, testardo e ducetto. Come sempre, da quando è alla ribalta.
Aveva detto di voler "chiudere la discussione definitivamente, perché qui non stiamo giocando a Monopoli". E l’ha fatto. 
Il puffo Renzi non ammette repliche, dissensi e mediazioni, né giochi da tavolo, tra probabilità, imprevisti, prigione e Parchi della Vittoria.
All'assemblea notturna dei deputati PD sulla legge elettorale, il sì all'Italicum passa con 190 voti. Mancano tutti gli esponenti della minoranza, i non votanti sono stati 120, circa un terzo del gruppo. Speranza si dimette da capogruppo.
Una legge elettorale - mai discussa, se non a porte chiuse con Berlusconi – che, riproponendo le liste bloccate e un premio di maggioranza, attribuisce la maggioranza assoluta dei seggi ad uno schieramento che non rappresenta neanche un terzo dell'elettorato, non si può e non si deve criticare sia nel metodo e che nel merito.
Renzi vuole comandare, non governare: per ora ha solo rottamato con disprezzo e cinismo i diritti dei lavoratori, mentre la disoccupazione non scende e l’economia non riparte.
Arroganza, indifferenza, diktat, minacce, annunci, menzogne e ricatti, già conosciuti con il ventennio berlusconiano, si ripetono con questo Governo e in quel partito, usato e gestito come bene personale, non certo in linea con la storia e la tradizione della sinistra italiana.
Ma cosa aspettano a votargli contro, a mandarlo a casa?
Perché non se va in Forza Italia, sua lido naturale, e si butta tra le braccia dell’ormai libero Berlusconi – in grave crisi di partito e di consensi - che lo accoglierebbe con la banda a porte spalancate?

16 aprile 2015
(Alfredo Laurano)

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